Guida agli investimenti: quando rende affittare
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foto da Quotidiani locali
La casa è ancora un bene rifugio. Il grafico, da “L’economia in breve”, ottobre 2022, Banca d’Italia, dimostra come alla crescita dell’inflazione, almeno sino al primo di semestre di quest’anno, i prezzi tenevano e le vendite si impennavano. Ma per poter resistere all’inflazione è meglio che sia scelta e gestita in modo da rivalutarsi e produrre reddito in modo da poter adeguare gli affitti all’andamento dei prezzi.
Tempo short rent e caro mutui
È di circa il 5% annuo il rendimento del capitale investito nell’immobile, se viene adibito all’affitto breve. Scende a circa il 4% per l’affitto a studenti (fonte Scenari Immobiliari). Più contenuto il rendimento degli affitti tradizionali con contratto di 4+4 o 3+2 anni. Per l’affitto breve però, deve essere migliore la qualità della casa.
Il reddito ottenuto è sicuro, senza rischi di morosità e la disponibilità dell’immobile per l’eventuale vendita, resta sempre immediata. Il ruolo dell’agenzia per la gestione dell’affitto breve incide per circa il 20% e vanno aggiunte spese condominiali e tassa rifiuti. Meno esigenti sono le caratteristiche dell’immobile per l’affitto a studenti, anche se l’usura della casa è più intensa. Gli affitti brevi sono diventati un fenomeno così diffuso da limitare, in alcune zone, le altre forme di affitto.
A caratterizzare il periodo è anche la crescita dei tassi dei mutui, che si adegueranno all’aumento del costo del denaro, passato dall’1,25% al 2% dopo l’aumento deciso dalla Bce. È così possibile prevedere che possano sforare presto il 5%. E questo potrà frenare l’aumento del numero delle compravendite e creare non poche difficoltà a chi abbia stipulato un mutuo a tasso variabile, senza un tetto massimo alla rata.
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L’ottimismo degli immobiliaristi
«Nonostante l’inflazione, l’aumento dei tassi di interesse dei mutui e, soprattutto, le preoccupazioni relative ai rincari energetici e delle materie prime, il mercato immobiliare sta mantenendo un andamento positivo», dice Gian Battista Baccarini, presidente nazionale Fiaip (Federazione italiana agenti immobiliari professionali). «Le richieste di acquisto dell’abitazione principale si concentrano soprattutto in immobili di medie-ampie dimensioni, possibilmente con terrazzo o giardino, mentre gli investitori cercano un taglio medio-piccolo, soprattutto nei grandi centri urbani per soddisfare le numerose richieste provenienti da famiglie e single». Secondo Santino Taverna, presidente nazionale Fimaa, aderente a Confcommercio-Imprese «la casa per gli italiani rimane un bene primario, gli immobili non subiscono la volatilità tipica dei prodotti finanziari e sono considerati un bene rifugio in grado di attrarre anche gli investitori stranieri. Si avverte, inoltre, un orientamento verso l’acquisto di seconde case per finalizzare ulteriore reddito». Va da sé che prioritario rimane il budget disponibile e l’accesso al mutuo secondo le capacità reddituali. In ambito residenziale, le zone più richieste sono quelle in prossimità delle grandi città, vicine ai servizi, possibilmente “green” e quindi lontane dell’inquinamento e dal caos.
Le cautele di Nomisma
A giudizio di Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, «il progressivo rialzo dell’inflazione sta penalizzando la capacità di spesa della domanda interna. Nel mercato immobiliare residenziale cala la componente di investimento sul totale delle intenzioni di acquisto, mentre si conferma più contenuto l’arretramento degli investimenti in immobili corporate, sebbene i livelli restino distanti da quelli toccati nel 2019».
Nel report di mercato di luglio, l’istituto conferma che l’interesse delle famiglie nasce dall’esigenza di migliorare le condizioni abitative piuttosto che dall’investimento. I dati a confronto del 2021 rispetto al 2022 indicano che l’acquisto di seconde case per investimento si è dimezzato nel 2022 rispetto al 2021, passando dal 10% al 5% del totale delle compravendite.
I prezzi sono aumentati del 2,1% a fronte di un aumento del 12% delle transazioni. Ma il vero problema è la crescita del costo del denaro, che può produrre davvero il rallentamento del mercato, perché ne riduce la possibilità di attivazione. Le previsioni di Nomisma circa i prezzi per le 13 maggiori città, nello scenario al luglio 2022, sono per una riduzione dell’aumento dei prezzi da circa il 3% all’1,5% nel 2023 e 2024. In leggera crescita invece, intorno all’1%, nello stesso periodo, quelli per negozi e uffici.
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