Migranti, così la nave dell’Ogs di Trieste Laura Bassi ha salvato in mare 92 persone, tra cui 23 bambini

TRIESTE Un imprevisto drammatico lungo la rotta Trieste-Antartide, mai successo prima a una nave della ricerca italiana. Un intervento decisivo, che ha salvato la vita di 92 persone. Protagonista la rompighiaccio “triestina” Laura Bassi, di proprietà dell’Ogs- Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale di Trieste, e il suo equipaggio, guidato dal capitano Franco Sedmak, che due giorni fa hanno soccorso nel Mar Ionio 92 migranti di origine afgana, siriana, egiziana, iraniana e pachistana, alcuni in condizioni di salute critiche, stipati su una barca a vela di 15 metri in balia delle onde e a rischio di affondare.

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A bordo 49 uomini, 20 donne e 23 bambini, che sono stati fatti salire sulla Laura Bassi, dove hanno ricevuto assistenza e le prime cure mediche grazie al lavoro senza sosta dell’equipaggio, che ha lavato e asciugato i vestiti dei bambini, ha dato cibo, acqua, bevande calde, asciugamani e coperte alle persone soccorse. Il comando della nave ha subito provveduto a informare dell’accaduto l’Ambasciata italiana ad Atene e il Consolato italiano di Kalamata, facendo rotta proprio verso il porto greco di Kalamata, dove i migranti sono stati fatti sbarcare e affidati alle autorità competenti, poco dopo la mezzanotte di domenica.

La notizia è emersa lunedì, ma la complessa operazione di salvataggio, che è durata diverse ore, con il mare agitato, è avvenuta in piena notte, alle 4.40 di sabato, a circa 50 miglia dall’isola greca di Zante.

La nave oceanografica, utilizzata per l’attività scientifica e il supporto logistico alle esplorazioni antartiche italiane, era partita una settimana fa da Trieste e, lo scorso sabato, faceva rotta nel Mar Ionio diretta in Nuova Zelanda. Qui, infatti, imbarcherà i tecnici che parteciperanno a una missione di ricerca e punterà dritto verso l’ Antartide. Dopo il drammatico imprevisto e uno stop tecnico, necessario anche per l’adempimento di una lunga serie di formalità burocratiche, la rompighiaccio ieri è ripartita dalle coste greche alla volta dell’Oceania.

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A bordo, come detto, venti uomini dell’equipaggio, capitanati dal comandante triestino Franco Sedmak, che nella notte di sabato, alle 2.40, hanno ricevuto dal Centro Search and Rescue greco la richiesta di prestare soccorso a un’imbarcazione carica di migranti alla deriva da sei giorni. Al momento della chiamata, la Laura Bassi si trovava in acque greche a circa dieci ore di navigazione dal porto di Kalamata. Il comandante ha puntato dritto verso l’imbarcazione alla deriva e in balia delle onde, dal nome “Zeus” e di nazionalità non dichiarata (uno sloop a vela Grand-Soleil 50 piedi), raggiunta alle 5.

Drammatica la scena che si sono trovati davanti Sedmak e la sua squadra: «C’erano uomini e donne che urlavano, ci mostravano i bambini tra le mani, alcuni molto piccoli, chiedevano aiuto», racconta il comandante, che in quarant’anni di navigazione non si era mai trovato in una situazione simile (i dettagli nell’articolo in basso). Con vento a 25 nodi e più di due metri di onda, è scattata la decisione di prendere a rimorchio la barca e dirigersi verso il porto di Kalamata, in accordo con le autorità greche. «Ma la situazione - racconta il comandante - dopo poco è drasticamente peggiorata, con il mare sempre più agitato e le urla disperate dei migranti, che in inglese ci hanno fatto capire che lo scafo stava imbarcando acqua e che a brodo due persone stavano male: una ha poi perso i sensi in preda a una crisi epilettica». Da lì la decisione di Sedmak di cambiare strategia, procedendo al recupero dei naufraghi con il battello di servizio: 5-6 alla volta, prima donne e bambini, in quattro ore sono stati tratti tutti in salvo a bordo della Laura Bassi, grazie a 16 viaggi con recupero e messa a mare del battello. Gli uomini sono stati accolti a poppa, le donne e i bambini nelle cabine dell’equipaggio.