Favori per fare assumere il figlio, la richiesta del pm: quattro anni all’ex ufficiale della Gdf
foto da Quotidiani locali
Ne parlava descrivendola come un’amica bellissima e si raccomandava affinché fosse trattata con i guanti. «Perché – spiegava – questa è proprio una mia cosa personale. E tu devi tranquillizzarla e fare miracoli per me».
Nel ricostruire i fatti costati all’allora tenente colonnello della Guardia di finanza in servizio al Comando regionale Veneto, Vincenzo Corrado, oggi 57enne, residente a Treviso, l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità, in relazione alla verifica fiscale alla “Burimec spa” di Buttrio, tra il 2015 e il 2016, il procuratore aggiunto, Claudia Danelon, si è servita soprattutto delle intercettazioni telefoniche e ambientali.
Una “sceneggiatura”, quella proposta martedì 22 novembre, nell’atto finale del processo, scandita dalle conversazioni che l’imputato aveva ora con Massimo Nicchiniello, all’epoca comandante del Gruppo tutela finanza pubblica della Tributaria di Udine, ora con l’imprenditore Pietro Schneider, che di quella «splendida donna», come “in codice” Corrado chiamava la Burimec, all’epoca era l’amministratore.
Ossia con due interlocutori pure coinvolti nell’inchiesta su un presunto giro di tangenti negli ambienti delle Fiamme gialle e dell’Agenzia delle entrate, esplosa nel 2017 ed emigrata poi da Venezia a Udine, per le contestazioni di sua competenza territoriale.
Il procedimento, nel frattempo, si è chiuso per il primo con decreto di archiviazione e per il secondo con un patteggiamento a nove mesi di reclusione, sospesi con la condizionale.
A carico di Corrado, condannato già dal tribunale di Venezia a 4 anni di reclusione, resta appunto l’ipotesi delle pressioni esercitate per indurre l’imprenditore ad assumere il figlio in azienda, peraltro con contratto da dipendente e in data (il 1° febbraio 2016) antecedente la conclusione della verifica.
«Ho un accordo con Schneider», disse all’ex moglie in una telefonata captata il 14 dicembre. In cambio, gli avrebbe assicurato di intercedere con Nicchiniello, affinché evitasse di farlo incorrere nuovamente in rilievi di natura fiscale (quello precedente gli era costato 800 mila euro di multa) e non desse peso all’ulteriore approfondimento per un’operazione del 2013.
«A differenza di Nicchiniello, cui si può imputare una gestione “leggera” e che voleva solo farsi bello agli occhi di Corrado – ha concluso il pm –, quest’ultimo ha perseguito chiaramente i propri scopi.
E Schneider, che stava attraversando una crisi nera, non ha potuto dirgli di no». Infine, la richiesta indicata anche in questo caso in 4 anni di reclusione.
Richiesta che il difensore, avvocato Fabio Crea, ha cercato di demolire, articolando in oltre due ore e mezza di arringa le ragioni dell’imputato, presente accanto a lui, e pescando a propria volta nel mucchio delle intercettazioni «prove incontrovertibili» rispetto a tutta una serie di punti fermi della vicenda.
A cominciare dalla conoscenza che legava Corrado e Schneider da trent’anni e che era proseguita anche dopo i fatti contestati, come dimostrato dall’invito a cena a Pasqua, nel 2017, che l’imprenditore rivolse al finanziere mentre con le famiglie si trovavano a New York.
Per non dire dell’assunzione, «decisa – così il legale – prima che il mio assistito sapesse della verifica, sfruttando il jobs act e confermata anche dopo il periodo di prova di 45 giorni». Come dire che, passata la buriana della verifica, avrebbe potuto serenamente licenziarlo.
Smentito poi lo stato di crisi. «Valeva per la divisione siderurgica, ma non per quella di pesa a ponte, dove c’era invece necessità di coprire un posto».
Il collegio, presieduto dal giudice Paolo Milocco, emetterà sentenza il 29 novembre.