Minori stranieri, ecco come funziona l’accoglienza in regione e chi paga per ospitarli
UDINE. «Senza accusare né criticare nessuno, ci teniamo a dire che l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati si può fare bene e per questo prendiamo le distanze da chi non rispetta le regole».
Giovanni Tonutti e Sergio Serra, rappresentanti di Oikos e Cooperativa 2001, dopo l’ispezione dei Nas nella struttura transitoria ricavata nell’albergo di Grios (Povoletto) e la stretta sui controlli annunciata dall’assessore regionale, Pierpaolo Roberti, chiariscono il funzionamento del sistema che consente di accogliere anche in Friuli Venezia Giulia i minori stranieri rintracciati in altre regioni, prevede il pagamento delle tariffe (89-90 euro al giorno a testa) da parte dei comuni con i contributi di Stato e Regione e consente di aprire strutture transitoria purché autorizzate dai sindaci dei comuni dove sono situate.
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La normativa
La legge del 2015 differenzia le comunità di prima accoglienza, gli hub dove i minori stranieri non accompagnati vengono identificati, sottoposti ai controlli sanitari e accolti per alcune settimane, dalle comunità dove invece i ragazzi vengono trasferiti fino al compimento dei 18 anni. «Da Bologna in su i centri di prima accoglienza non esistono, il ministero dell’Interno le ha realizzato da Bologna in giù per rispondere agli arrivi dalla rotta mediterranea. Nelle regioni del nord, compreso il Friuli Venezia Giulia, esposte alla rotta Balcanica, lo Stato non fa la prima accoglienza, se ne occupano i Comuni attraverso il privato sociale. Le amministrazioni comunali, per sostenere i costi, ricevono un contributo statale di 65 euro al giorno per ogni minore accolto», spiegano Tonutti e Serra, nel precisare che «con 65 euro al giorno è difficile gestire un minore straniero che deve essere presidiato continuamente, basti pensare che il responsabile della struttura è penalmente e civilmente responsabile».
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Non a caso la nostra Regione, unica in Italia, ha deciso di aiutare i Comuni riconoscendogli la differenza tra il fondo statale (65 euro al giorno) e il reale costo.
Le tariffe
«I Comuni non tirano fuori un euro per l’accoglienza dei minori stranieri». Tonutti e Serra lo ripetono non senza soffermarsi anche sulle cifre riferite dall’assessore: «La Regione versa la differenza tra il contributo statale di 65 euro al giorno e la retta pagata dai comuni alle comunità che oscilla tra 80 e 90 euro al giorno. I 130 euro venivano pagati per l’isolamento fiduciario in epoca Covid».
Allora, «per rispondere all’emergenza sanitaria, abbiamo dovuto creare in fretta e furia le strutture di isolamento fiduciario: a Trieste ne abbiamo realizzate quattro, le stesse ora vengono trasformate in centri di prima accoglienza. Con sette anni di ritardo – sottolinea Serra – si inizia ad applicare la legge». Nei centri di prima accoglienza i minori stranieri, dopo lo screening sanitario, vengono accolti al massimo per 50 giorni, il tempo necessario per cercare un posto in comunità.
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Le autorizzazioni
Prima del 2020 tutte le strutture di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati dovevano seguire un iter autorizzativo lungo e complicato che, tra le altre cose, prevedeva controlli sulle barriere architettoniche, sui titoli di studio degli educatori e le verifiche dei vigili dei fuoco quando i posti superavano le 25 unità.
«L’iter era troppo lungo per le esigenze dettate dalla pandemia, tant’è che per motivi di emergenza sanitaria, in epoca Covid, per accorciare i tempi, abbiamo utilizzati luoghi già sottoposti alle norme previste per gli alberghi» continua Serra nell’evidenziare che, nonostante la deroga «in quei luoghi bisognava comunque rispondere alle norme igieniche».
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In albergo o in comunità una camera singola deve avere una superficie di 9 metri quadrati, la doppia 14, la tripla 20 e la quadrupla 26. «Venuta meno l’emergenza, a Trieste le strutture di prima accoglienza continueranno a esistere, il Comune ci ha concesso sette mesi di tempo per adeguarla alle regole di funzionamento» aggiunge Serra nel precisare che, oggi come allora, «per aprire una struttura per minori è necessaria l’autorizzazione di funzionamento sottoscritta dal sindaco.
Tonutti, invece, fa notare che per i ragazzi giunti da fuori regione le tariffe vengono pagate dai comuni di competenza, quindi da Milano piuttosto che da Bergamo.
Allo stesso modo, il responsabile di Oikos fa notare che la Regione avrebbe potuto spendere meno di 14 milioni di euro se avesse accettato i progetti Sai suggeriti dall’allora ministra Lamorgese. «Noi li abbiamo proposti senza ricevere risposta» conclude Tonutti secondo il quale «si sarebbe potuto fare meglio ascoltando chi lavora nel settore».