Una proteina veicolata dal colesterolo aumenta le probabilità di innescare l’Alzheimer
TRIESTE È della scorsa settimana la notizia di una scoperta che per certi versi rimarrà come una pietra miliare nella ricerca sul morbo di Alzheimer. Un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology di Boston ha riportato su Nature di aver trovato il motivo per cui un particolare assetto genetico si associa ad un aumento nella probabilità di sviluppare questa malattia.
Il morbo di Alzheimer mostra un’importante predisposizione genetica, tanto che l’ereditabilità della malattia è stimata tra il 50% e l’80%, e la genetica è il principale fattore di rischio dopo l’età. Studi compiuti già diversi anni fa avevano indicato che la principale caratteristica genetica associata all’Alzheimer è una variante nel gene ApoE, che codifica una proteina che trasporta il colesterolo. I portatori di una copia della variante E4 di questo gene (APOE4) hanno una probabilità di sviluppare la malattia che è circa tripla di quelli che hanno la variante più comune del gene (APOE3), mentre questa probabilità sale fino a 8-12 volte per coloro che hanno due copie di APOE4. Degli individui con l’Alzheimer, circa il 40-50% hanno almeno una copia di APOE4. APOE3 e APOE4 differiscono per solo un singolo amino acido nella proteina ApoE.
[[ge:gnn:ilpiccolo:12198149]]
Per capire il motivo per cui APOE4 si associa all’Alzheimer, il team del MIT ha ora studiato più di 160mila singole cellule ottenute dal cervello di 32 persone con l’Alzheimer che portavano una, due o nessuna copia di APOE4. I ricercatori hanno scoperto che, negli individui con APOE4, gli oligodendrociti, un tipo specializzato di cellule che supportano i neuroni, mostravano un’alterazione nel metabolismo del colesterolo, per cui questo lipide rimaneva all’interno delle cellule, intasandone il contenuto. Questo effetto era evidente negli oligodendrociti che portavano una copia della variante APOE4, e ancora più marcato se le copie di APOE4 erano due. Questi oligodendrociti incapaci di trasportare il colesterolo sulle membrane esterne alla fine avevano difficoltà a sostenere la produzione di mielina, la sostanza che circonda, isola e protegge le fibre nervose.
La scoperta è epocale per almeno due motivi. Primo, fornisce una spiegazione funzionale a un’osservazione genetica, portando quindi alla luce il motivo per cui APOE4 potrebbe causare in maniera diretta la malattia. Alois Alzheimer già all’inizio del 1900 aveva osservato che nei cervelli con la malattia le cellule associate ai neuroni mostravano inclusioni di lipidi, senza che questo fosse poi mai stato associato in maniera convincente allo sviluppo della demenza. Secondo, perché sposta l’attenzione dai neuroni alle cellule di supporto ai neuroni, suggerendo che la ricerca sull’Alzheimer possa essere stata in qualche maniera fuorviata dall’idea che fossero i neuroni la cellula principale in cui la patologia si manifesta, mentre il danno ai neuroni potrebbe essere secondario alla disfunzione delle cellule di sostegno.
Il saggio genetico per sapere se uno è portatore della variante APOE4 è quanto mai semplice, e richiede soltanto un po’ di DNA prelevato dalla saliva. Ma che fare poi se si è positivi? Un editoriale di Nature Medicine sulla terapia dell’Alzheimer porta lo sconfortante titolo “La lunga strada per una cura al morbo di Alzheimer è lastricata di fallimenti”, il 99% delle centinaia di sperimentazioni cliniche condotte finora ha portato a risultati negativi. Anticorpi monoclonali e piccole molecole chimiche contro due delle manifestazioni più eclatanti della malattia (le placche di una sostanza amorfa chiamata amiloide beta e i grovigli di filamenti della proteina tau che si depositano nel cervello dei malati di Alzheimer e che erano anche già stati osservati da Alzheimer stesso) si sono rivelati inefficaci. Lo scorso anno, la FDA degli Stati Uniti aveva approvato un singolo anticorpo monoclonale sulla base della riduzione di proteina amiloide che questo determina. Ma l’efficacia di questo anticorpo rimane molto discussa, e il trattamento non è stato approvato in Europa dell’Ema anche a causa di effetti collaterali importanti, tra cui edema e sanguinamento cerebrale che si erano associati alla morte di almeno quattro pazienti. Lo studio del MIT ora offre un nuovo, forse rivoluzionario spiraglio di speranza: farmaci che riducono l’accumulo di colesterolo e ne favoriscono lo smaltimento già esistono e altri potrebbero essere sviluppati. E abbiamo bisogno di una terapia per l’Alzheimer, visto che colpisce ormai oltre 50 milioni di persone al mondo e ha una prevalenza di quasi 1 individuo su 3 dopo gli 85 anni di età.