Gorizia piange Ignazio Interbartolo, pioniere nei trasporti e uomo di sport
GORIZIA È stato pioniere, imprenditore simbolo di un intero settore, quello dell’autotrasporto, a Gorizia. Ma anche appassionato uomo di sport, in gara e dietro la scrivania. Un innovatore per molti versi, commendatore per i suoi meriti nel lavoro e nell’attività sportiva.
Se n’è andato nei giorni scorsi, a 96 anni dopo una vita lunga e intensa, Ignazio Interbartolo, e con sé in fondo si è portato un’epoca goriziana che non c’è più, anche quella dei confini e degli autotrasportatori, dei camion che riempivano piazzali oggi quasi vuoti. Come quello di fronte alla sua storica impresa, in via Trieste, di fronte all’aeroporto. Qui, nei tempi d’oro, c’erano 33 motrici (per almeno altrettanti dipendenti) e un centinaio di semirimorchi. Adesso ne restano rispettivamente due e una decina, come racconta Gianluca, uno dei figli di Interbartolo, che porta avanti l’azienda. Ignazio lo sapeva che la traiettoria sarebbe stata questa, lo aveva intuito da tempo in seguito ai cambiamenti geopolitici di quest’area del mondo, Est Europa in primis, che si sono tradotti in cambiamenti del mercato, di un settore intero.
Lontani gli anni degli inizi, ancor di più quelli del suo arrivo a Gorizia, dalla Sicilia. Già, perché Ignazio Interbartolo era nato nel paesino di Cerda, in provincia di Palermo, il 6 febbraio 1926, ed era giunto in riva all’Isonzo in modo quantomeno insolito. Con i “Diavoli blu” americani nel settembre 1945, quell’88^ divisione delle truppe alleate alla quale aveva deciso di aggregarsi nella sua Sicilia, nei reparti logistici. Rimasto in servizio fino al 1947, aveva poi svolto l’addestramento reclute a Casale Monferrato, sognando un giorno di poter partire per gli Stati Uniti assieme alle amicizie strette in quegli anni. Ma non andò così, perché gli amici americani furono rimpatriati e lui, di ritorno a Gorizia, si ritrovò solo e disoccupato. Qui venne fuori il suo carattere, mai domo, perché, anziché abbattersi, Ignazio si rimboccò le maniche per diventare quello che oggi si definirebbe un self made man.
Iniziò a tagliare legna nel bosco della Groina o sul Calvario, vendendola per qualche soldo per sopravvivere. La “svolta” del destino arrivò nel 1950: gli fu offerto di caricare motrice e rimorchio di sabbia, da trasportare tre volte al giorno a Trieste. Accettò e con i primi guadagni nel 1953 riuscì ad acquistare il primo autocarro con rimorchio. Nel 1954 lo permutò con uno più grande, e nel 1958 ne arrivò un secondo. Poi un terzo. Il resto della storia è l’azienda di trasporti che oggi ancora tutti conoscono. Ma non basta. Perché se sul fronte professionale Ignazio Interbartolo fu pure anima dell’associazione Adag che tutelava gli interessi della sua categoria, il suo cuore batteva anche e soprattutto per lo sport. Il ciclismo, in primis: gareggiò con il Gs Edera di Trieste fino al 1985, campione provinciale per molti anni consecutivi, e poi passò al ruolo di dirigente e organizzatore, promuovendo gare e costituendo gruppi sportivi. Tra i talenti seguiti da Ignazio, anche quel Giorgio Ursi che tornò da Tokyo con una medaglia olimpica al collo.
Dalla pista per le due ruote alle piste da sci, il passo fu breve, con un nuovo amore sbocciato nel 1972. Accompagnando nelle prime discese il figlio Gianluca, Ignazio fu stregato dallo sci alpino, e anche in questo caso è stato atleta e dirigente. Dal 1982 al 1991 ha affiliato alla Fisi lo sci club Inter Centro Sport (dal nome dei negozi di articoli sportivi che intanto aveva aperto in città), ricoprendo per quattro anni la carica di Consigliere al comitato regionale Fisi. In gara, poi, ha continuato a battersi fino al 2012, quando ancora all’età di 86 anni partecipava alla Coppa del Mondo master che, un giorno, si era ripromesso di provare a vincere. «Quando smetterò di lavorare e avrò più tempo», diceva. Non l’ha avuto invece quel tempo, dietro la scrivania è rimasto fino a 87 anni, e non a caso è stato insignito anche del titolo di commendatore per tutto quanto era riuscito a costruire nella sua carriera.
Ora Ignazio non c’è più, ma in tanti, in città e non soltanto, lo ricordano bene e con affetto, che si parli di lavoro o di sport. E, pensando a lui, pensano anche alla Gorizia che fu.
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