Sanità, il payback travolge le imprese biomedicali a Venezia: «Legge assurda, così chiudiamo»
Si scrive “payback” , si traduce in un incubo per le aziende che producono dispositivi medici. Un comparto che comprende oltre 4.500 imprese in Italia. Nel Veneto più di cento di cui una trentina nel Veneziano.
Payback significa che in base al decreto 216 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 settembre scorso, le aziende che producono protesi, piuttosto che strumenti salvavita, bisturi, garze e tutti i vari dispositivi sanitari utilizzati negli ospedali, dovranno farsi carico del 50 per cento dello sforamento sugli acquisti fatti dalle Regioni relativi agli anni 2015/2018. In tutto 4,2 miliardi. Vale a dire che sono chiamate a restituire complessivamente 2,1 miliardi.
La legge risale al 2015 ma è rimasta inapplicata finché l’estate scorsa è stata attivata dal decreto Aiuti bis (art 18) che stabilisce che le Regioni devono inviare la “parcella” entro il 15 dicembre che dovrà essere saldata entro il prossimo 15 gennaio.
Nei giorni scorsi le Usl hanno iniziato a mandare il conto alle varie imprese, chiamate a restituire in proporzione al proprio fatturato all’intera partita di acquisti fatti dalla Regione.
Il settore ora è in fibrillazione. Il grido d’allarme arriva direttamente dal presidente di Confindustria nazionale dispositivi medici: «Se il governo non fa marcia indietro, qui si rischia di chiudere. Sono centinaia le aziende su cui impatta il payback. Saremo costretti ad accantonare poste di esercizio indeducibili che faranno chiudere i bilanci in perdita».
Sono in allarme anche le imprese veneziane.
Giovanni Bertoli della Decomed di Marcon, che produce membrane biologiche per ricoprire protesi mammarie, lavora in tutta Europa e rileva come «solo in Italia succedono cose del genere. Ci chiedono di restituire i soldi sui quali abbiamo già pagato le imposte e che si riferiscono a forniture frutto di gare d’appalto ».
Aggiunge Eros Dinelli, distributore di dispositivi medici della Joint-Biomateriali con sede a Mestre: «Stanno già arrivando le pec da varie Regioni. Siamo molto preoccupati perché è una norma palesemente anticostituzionale, che va contro la legge di mercato. Tra l’altro, conclude l’imprenditore mestrino, «se non pagheremo entro i tempi stabiliti, le Regioni potranno trattenere l’equivalente del dovuto dalle forniture più recenti già effettuate ma non ancora saldate».
In giro per l’Italia sono già un centinaio i ricorsi presentati ai Tar. E proprio in questi giorni stanno arrivando le lettere delle Aziende Sanitarie con richiesta di pagamento da evadere entro 30 giorni. Con i ricorsi viene contestata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per l’incostituzionalità della normativa primaria di legge.