Il sindaco Fontanini replica al senatore Menia: “Considerazioni molto gravi, nessuno può vietarci di essere friulani”
Non accenna a placarsi l’ondata di indignazione sollevata in Friuli dalle parole del senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia (triestino ma eletto in Liguria) sul friulano. «Ci sono tanti posti dove parlarlo, in casa o nelle associazioni culturali - le frasi di Menia -, non credo sia necessario in classe, nelle scuole». Apriti cielo: le reazioni sono state molteplici.
Dall’imbarazzo dei colleghi di partito friulani di Menia, alle bacchettate degli altri partiti del centrodestra, a partire dalla Lega e da Forza Italia, all’opposizione, senza se e senza ma, di Partito democratico, Sinistra e associazioni che difendono le lingue minoritarie. In questi due giorni però il senatore Menia ha tenuto il punto, non arretrando, in sostanza, dalle sue posizioni. Adesso però ci sono altri due personaggi di rilievo che intervengono, stigmatizzando l’anti friulanismo di Menia. Si tratta del sindaco di Udine Pietro Fontanini e del presidente della Società filologica friulana Federico Vicario.
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«Le dichiarazioni dell’onorevole Menia sulla lingua friulana sono molto gravi perché pronunciate da un senatore della Repubblica che dovrebbe conoscere la Costituzione Italiana e le leggi dello Stato - esordisce Fontanini -. La nostra lingua madre è infatti tutelata dall’articolo 6 della nostra Carta e dalla legge 482, che norma le forme di utilizzo del friulano, tra le quali proprio il suo insegnamento nella scuola dell’obbligo. Parlare dell’inutilità, come fa Menia, del tramandare la nostra lingua alle generazioni future è un atto di colpevole ignoranza e irrispettosa arroganza da parte di chi dovrebbe invece aver imparato ad apprezzarci come popolo. Perché la lingua non è solo un importante mezzo di comunicazione, ma è l’anima di un popolo. Attraverso la lingua quel popolo non solo descrive il mondo che lo circonda, ma lo fa in modo originale e diverso dagli altri. Lo fa quasi plasmando il mondo attraverso la propria lingua. Il senatore triestino si impegni pure a risolvere i problemi di Genova, dove è stato eletto, ma non si permetta nemmeno lontanamente di venire qui in Friuli a vietarci di essere friulani».
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«La recente discussione sul ruolo del friulano nella nostra comunità merita una piccola riflessione - osserva dal canto suo Vicario -. Dobbiamo dire, prima di tutto, che la lingua friulana costituisce uno degli elementi di maggiore rilievo – non l’unico, di sicuro, ma certamente di primo piano – tra quelli che concorrono a comporre l’identità della nostra gente. Ciò risulta evidente, se andiamo a considerare quanto sia profondo il legame tra gli strumenti della cultura materiale, i saperi che li hanno plasmati così come li conosciamo e le loro denominazioni, tra la varietà del lessico e la straordinaria sintesi degli apporti che lo compongono, una sintesi che racconta, ad un tempo, di una particolare visione del mondo e dei fatti che l’hanno prodotta. In una parola, dalla sua storia.
La lingua è un valore in assoluto, in quanto espressione di una comunità, e ciò pare davvero non essere in discussione. Come non è in discussione il fatto che il friulano sia effettivamente una “lingua”, per quei caratteri che generalmente attribuiamo a questa parola: l’individualità e l’originalità delle sue strutture, ereditate dal latino aquileiese, l’affermarsi nell’uso scritto a partire dal tardo Medioevo, la presenza di una illustre tradizione non solo letteraria, ma anche di studi, la scelta di forme grammaticali di riferimento, la pluralità delle varietà sul territorio. Non ultimo, dobbiamo dire, il riconoscimento normativo, che contribuisce a dare ufficialità e autorevolezza alla promozione dell’uso della lingua negli ambiti che alle lingue competono. La “questione friulana”, se così vogliamo chiamarla, non riguarda quindi il “se” o il “perché” delle azioni che siamo chiamati a mettere in atto per valorizzare la lingua, ma caso mai il “come” e il “dove”. L’ambito scolastico è sicuramente tra quelli privilegiati per assicurare la più corretta trasmissione del complesso di valori, conoscenze ed esperienze legate alla storia e alla vita stessa della nostra comunità, valori che si comunicano non solo, ma anche con la lingua. L’insegnamento del friulano e in friulano a scuola, oltre a essere prezioso strumento di integrazione, è premiato anno dopo anno dal crescente favore dei genitori. Su questa base, penso, dovremo misurare i termini di una politica culturale che proceda dal riconoscimento delle diversità e dal rispetto delle identità. A partire dalla nostra».
Da registrare, infine, la presa di posizione della Rappresentanza unitaria slovena che esprime «piena solidarietà alla comunità linguistica friulana. L’iniziativa dell’onorevole Menia si pone anche al di fuori del solco tracciato dai presidenti Mattarella e Pahor durante la storica visita del 2020 a Trieste e rischia di creare conflitti artificiali, a oggi del tutto sopiti e insussistenti».