Stipendi più alti e meno stress: in Fvg oltre 17 mila dipendenti si sono dimessi e hanno cambiato lavoro
UDINE. Di fronte a stipendi più alti, alla possibilità di avere maggior tempo libero, magari avanzando di carriera, almeno 17.018 lavoratori hanno presentato le lettere di dimissioni per dirigersi verso altre aziende.
Di questi solo il 20 per cento ha rinunciato al contratto a tempo indeterminato per imboccare la via della libera professione. Il dato registrato in Friuli Venezia Giulia, nei primi sette mesi dello scorso anno continua ad aumentare e, rispetto al 2019, segna un più 42,9%. Il 22,8% rispetto all’anno prima. Si tratta del cosiddetto fenomeno delle dimissioni volontarie monitorato anche dal Ministero del lavoro.
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Le 17.018 dimissioni volontarie registrate da gennaio a luglio dello scorso anno, in regione, sono comprese nelle 152.266 dimissioni comunicate al Ministero dal Friuli Venezia Giulia, fino allo scorso 30 settembre. In questo caso il dato somma anche i contratti a tempo scaduti e i pensionamenti.
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Le motivazioni
Il fenomeno è in crescita: «Per migliorare le condizioni economiche, per meglio conciliare le esigenze lavorative con quelle della famiglia e per progredire professionalmente, chi può farlo cambia» spiega il responsabile dell’Osservatorio regionale sul mercato e le politiche del lavoro, Carlos Corvino, secondo il quale «la percentuale dei dipendenti che lasciano il lavoro a tempo indeterminato per aprire un’attività non supera il 20%».
L’altra grande maggioranza dei lavoratori con un’età superiore ai 30 anni, «lascia il lavoro stabile – sono sempre le parole di Corvino – per un altro lavoro stabile o per migliorare le proprie condizioni. Si conferma il fatto che certe persone non sono più disponibili ad accettare certe offerte e non esita a cambiare situazione».
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Il direttore dell’osservatorio regionale fa notare che, alla pari dell’andamento nazionale, il fenomeno delle dimissioni volontarie interessa tutti i settori, vengono abbandonati i contratti a tempo indeterminati più datati. E se turismo e terziario, sottoposti a una maggiore stagionalità, sono i settori che vengono abbandonati con maggior frequenta, lo stesso non si può dire per l’edilizia dove le imprese, messe di fronte alla carenza di manodopera, si rubano i lavoratori specializzati.
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«Lo conferma il fatto – spiega sempre Corvino – che a partire dalla fine del 2001 nel turismo abbiamo registrato un’impennata di assunzioni a tempo indeterminato e di stabilizzazioni. Alcuni datori di lavoro hanno capito che l’offerta di occupazione non è sempre adattabile alla domanda». Insomma, Corvino ci tiene a sottolineare che il fenomeno delle dimissioni volontarie non produce una fuga dal lavoro, «a prevalere – aggiunge il responsabile dell’Osservatorio – è la qualità della vita favorita dalla maggior conciliazione dei tempi con la famiglia». A breve il tema sarà affrontato dalla regione in un confronto pubblico.
Il commento
«Le dimissioni volontarie sono la diretta conseguenza di un mercato del lavoro in movimento, con le assunzioni in crescita» sostiene l’assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, secondo la quale «chi ha le qualità e le potenzialità trova il modo per migliorare la proprie condizioni lavorative».
Senza contare che molti impiegati a tempo, dopo aver vinto un concorso, si trasferiscono nel settore pubblico. Va ricordato che si tratta di settori in sofferenza per la mancanza di personale. Resta il fatto, spiega Corvino, «che, anche in regione, dopo le dimissioni obbligate dalle scadenze dei contratti, le volontarie sono le più numerose». Un altro fenomeno finito sotto i riflettori dell’Osservatorio regionale del lavoro è il calo demografico.
Un dato per tutti: dal 2011 al 2022 la popolazione regionale in età attiva, da 15 a 64 anni, ha perso 43 mila unità (-5.58%).
Questo andamento non accenna a diminuire e favorisce la concorrenza tra le aziende e la dinamicità del mercato. Stando ai dati comunicati al ministero del lavoro, lo scorso anno, da gennaio a settembre, la cessazione di 152.266 rapporti di lavoro ha coinvolto 112.088 dipendenti. L’indice medio di cessazioni per lavoratore è pari a 1,36.