L’edilizia rischia di restare senza muratori: nei prossimi anni 1.329 pensionamenti
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Il numero supera il 10% degli iscritti alla Cassa edile, i giovani scelgono altri mestieri. Contessi (Ance): alcune imprese perderanno la metà della forza lavoro
UDINE. Nel Friuli patria di grandi costruttori, i giovani non fanno più i muratori. L’idea di lavorare in cantiere non li attira e il settore sconta una carenza di personale senza precedenti. A preoccupare sono le stime dei pensionamenti: nei prossimi dieci anni la Cassa edile perderà, per raggiunti limiti di età, 1.329 lavoratori. Più del 10 per cento degli iscritti che, alla fine dello scorso anno, erano 10.857.
Anche se fisiologico, l’andamento richiede un approfondimento perché non ci sono i sostituti. Le scuole di formazione consegnano una manciata di diplomi di qualifica all’anno, mentre il Pnrr e gli adeguamenti energetici degli edifici richiedono un numero di imprese edili di gran lunga superiore di quello attivo in regione.
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Lo studio
Lo studio effettuato dai costruttori regionali per monitorare l’andamento della forza lavoro da qui al 2032, evidenzia una certa linearità con 92, 31, 48 e 74 pensionamenti all’anno fino al 2026 per poi subire un’impennata che dai 199 previsti nel 2027 arriva a 243 pensionamenti nel 2032. In dieci anni il settore perderà 1.329 operai impegnati, ora, nei cantieri aperti in Friuli Venezia Giulia.
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La situazione è grave e, in assenza di correttivi, il comparto dell’edilizia rischia di spegnersi come un cero. Anche ipotizzando che, nei prossimi anni, le nuove tecnologie riusciranno ad allentare la domanda di manodopera, la richiesta di personale è troppo alta per pensare di arginarla.
L’analisi
«Nel giro di un decennio rischiamo di perdere il 50 per cento della manodopera» afferma il presidente regionale dei costruttori (Ance), Roberto Contessi, secondo il quale le stime della Casse edile sono parziali e non potrebbero essere altrimenti visto che contabilizzano le iscrizioni dei dipendenti delle imprese con sede altrove. È evidente che alla chiusura dei cantieri in corso, le iscrizioni dei dipendenti provenienti da fuori regione saranno trasferite nella regione in cui troveranno spazio le nuove sedi operative. «Non potrà essere diversamente» sostiene Contessi nel ricordare che «l’età media dei dipendenti delle imprese edili è di circa 50 anni».
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Quindi tra dieci anni molti saranno già andati in pensione. «Abbiamo bisogno di forza lavoro qualificata nell’immediato, abbiamo bisogno di almeno 300 operai, che non ci sono sul mercato» insiste Contessi, non senza ribadire di avere bisogno di gente «da inserire subito nei processi produttivi. Questa disponibilità non si trova sul mercato».
Non a caso il presidente regionale di Ance ripete: «Abbiamo bisogno subito di gente formata, che non troviamo sul mercato. Da qui la necessità di andare a selezionare manodopera nei Paesi extra europei come l’Albania e il Kosovo».
Persone che senza un permesso non possono venire a lavora in Italia. Anche chiede, infatti, alla Regione di fare pressione affinché i flussi vengano sbloccati prima possibile. «Ci sono molte imprese edili iscritte in Italia che non possono portare gli operai dai Paesi di provenienza, non capiamo perché non possiamo riaprire i flussi». Insomma per dirla con le parole di Contessi «in prospettiva la situazione dell’edilizia è più grave di quella che emerge dallo studio della Cassa edile».
Il motivo è sotto gli occhi di tutti: i dati della Cassa edile sono vulnerabili perché tra gli iscritti ci sono gli operai impegnati nei cantieri in corso: «Una volta completati i lavori, le imprese provenienti da fuori regioni trasferiranno anche le maestranze».
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È prassi comune che quando un’impresa proveniente da altre regioni appalta un lavoro a Udine o a Trieste, iscriva gli operai alle Casse edili del Friuli Venezia Giulia se non altro per trattare sui pagamenti delle trasferte.
Le richieste
Non è la prima volta che l’Ance invita a riflettere sul futuro dell’edilizia. Oggi questa riflessione assume maggior valore perché, come evidenzia Contessi, la programmazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e l’adeguamento degli edifici alle norme di efficientamento energetico che danno diritto a bonus e super bonus, richiedono un maggior numero di imprese attive. Al momento alla Cassa edile sono iscritte 2.122 imprese edili.
A queste vanno aggiunte le non iscritte che – sono sempre le parole di Contessi – «non applicano il contratto degli edili. Sono circa il 30%, lavorano solo con i privati e applicano i contratti metalmeccanico o agricolo. In questo modo tagliano le spese del personale anche del 10%. Con la Regione stiamo valutando la possibilità di arrivare all’approvazione di una legge che preveda norme più restrittive».
L’Ance pensa ai paletti imposti dai superbonus: oltre i 70 mila euro di importo lavori l’applicazione del contratto degli edili è obbligatorio». —
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