Ecco come funzionano i droni di Stato, i primi in Friuli Venezia Giulia: rapidi nei soccorsi e utili alle inchieste
Prima su scala nazionale, la Protezione civile del Friuli Venezia Giulia ha ottenuto dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti la qualifica di aeromobili di Stato per due dei propri droni, riconoscimento che segna una svolta di estrema importanza a livello di tempistiche d’utilizzo e, di conseguenza, di efficacia operativa nelle situazioni d’emergenza.
A differenza di quanto avvenuto finora, infatti, le procedure ai fini dell’impiego degli strumenti diventeranno – non appena saranno stati siglati gli specifici protocolli – molto più snelle, a garanzia appunto di celerità d’attivazione di dispositivi che grazie alla propria natura avanguardistica possono fare la differenza in situazioni critiche.
«Anche se in molti non lo sanno, i droni – spiega Massimo Zia, referente e coordinatore del team piloti della Protezione civile regionale – sono considerati aeromobili a tutti gli effetti, dunque soggiacciono a specifiche disposizioni normative nazionali e a un regolamento europeo: il mancato rispetto di tali prescrizioni fa incorrere in sanzioni, per lo più di carattere penale, come indicato anche in un apposito vademecum del ministero dell’Interno».
La questione è insomma molto più seria di quanto possa apparire a un profano in materia. Nessuno può usare i droni liberamente («Pilotarli – sottolinea Zia – non è un gioco: si tratta di operazioni che richiedono una preparazione e una cultura specificamente aeronautica e che comportano l’assunzione di responsabilità notevoli») e neppure la Protezione civile, né in ambito regionale né nazionale, gode di corsie preferenziali allo scopo.
Ogni volta che deve ricorrere ai droni per necessità di esplorazione, acquisizione dati, monitoraggio, fotogrammetria, deve quindi adeguarsi ai dettami delle norme in vigore, richiedendo l’autorizzazione per i sorvoli all’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, cui compete il rilascio dei via libera previa comunicazione al circuito aeronautico del luogo e dell’orario previsto per le ricognizioni aeree. In assenza di tali passaggi un drone non può levarsi in volo.
«Se si tratta di iniziative programmate – osserva Zia – il problema è relativo. La Protezione civile, però, agisce soprattutto in emergenza ed è evidente che in tali condizioni i parametri cambiano. Il tempo d’azione è determinante.
L’unica soluzione per aggirare il problema, ovvero, appunto, per accorciare le tempistiche (assicurando, nel mentre, il pieno rispetto della sicurezza), è ottenere dal ministero il riconoscimento di aeromobili di Stato, che consente di concordare con gli enti aeronautici locali – in Friuli Venezia Giulia l’aeroporto civile di Ronchi dei Legionari e quello militare di Aviano – le procedure operative standard per interagire con le loro torri di controllo».
Il decreto direttoriale del ministero rappresenta insomma un supporto nella definizione dei necessari protocolli, che la Pc Fvg potrà a questo punto concretizzare.
E il riconoscimento è tutt’altro che scontato: è l’esito di una comprovata e documentata esperienza ed efficacia operativa, dimostrata negli anni dalla Protezione civile del Friuli Venezia Giulia, non a caso l’unica nel Paese ad aver raggiunto il rilevante traguardo, che si cercherà ora di condividere nella speranza che altre regioni si incanalino nello stesso solco e che il sistema, così, possa allargarsi e potenziarsi.
Due, si diceva, i droni “promossi”, ma il numero è destinato a salire a tre (sui quattro in dotazione), non appena saranno state espletate le procedure di registrazione e assicurazione di uno di recentissima acquisizione e d’avanguardia.
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