Quanta CO2 produce uno smartphone? Il report sulla “Digital Green Evolution”
Scelgo, compro, utilizzo. Poi ripeto. È il mantra della modernità, quella fatta di un consumismo che spesso supera i limiti. Non si tratta di una demonizzazione del fenomeno, ma di una rilevazione che fa parte della nostra quotidianità e di quella di chi abbiamo al nostro fianco. E nell’Era del digitale questo fenomeno si è ulteriormente acuito. La maggior parte delle persone (a livello globale) possiede almeno un dispositivo – dagli smartphone ai tablet, passando per i pc – e, spesso e volentieri, tende a rinnovare la sua “dotazione” con modelli più recenti (non per forza le ultime uscite sul mercato). Tutto ciò, però, provoca degli effetti anche sull’ambiente. Tutto ciò, con annessi dati, è stato raccolto nel rapporto Digital Green Evolution realizzato dalla società di consulenza internazionale Deloitte.
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Il report fa riferimento ai dati raccolti nel 2021, con le previsioni sull’anno che si è concluso da poco. I numeri parlano piuttosto chiaro: «Nel 2022 gli smartphone, con la loro base istallata di 4,5 miliardi, genereranno 146 milioni di tonnellate di CO2 (o CO2 e, emissioni equivalenti) a livello globale. Si tratta di una quota contenuta rispetto al totale delle 34 giga tonnellate emesse complessivamente in tutto il mondo, ma resta comunque anche questa un’area da tenere in considerazione e in cui è possibile intervenire». Un micro-numero all’interno di un macro-numero, ma che ha comunque un peso rilevante all’interno del comparto dell’inquinamento ambientale.
Rapporto Digital Green Evolution, i dati raccolti da Deloitte
Come si è arrivati a questa cifra? All’interno del rapporto Digital Green Evolution è stato inserito un grafico che mostra le percentuali di produzione di anidride carbonica (e similari) non solo per quel che riguarda l’utilizzo di un dispositivo mobile
L’83% del totale (quindi dei 146 milioni di tonnellate di CO2) corrisponde alle emissioni derivanti dalla produzione (compresa l’estrazione delle materie prime), dal trasporto e dal primo anno di utilizzo di uno smartphone. L’11% arrivano dall’utilizzo dopo il primo anno dei dispositivi mobile, mentre il resto è prodotto dal ripristino e dal processo di fine-vita dei dispositivi. Dunque, come evidente, il continuo ricambio (e acquisto) di nuovi dispositivi rappresentano la fetta più ampia di questa torta. Perché lo smartphone, anche in Italia , è il dispositivo digitale più utilizzato.
Il 94% degli italiani (secondo una rilevazione datata 2021, ma sempre attuale) effettua un accesso quotidiano al proprio dispositivo mobile. Una percentuale di 10 punti superiore rispetto all’accesso ai pc portatili e, di gran lunga, rispetto a tutti gli altri strumenti tecnologici.
Perché si cambia uno smartphone?
E l’ultimo dato indicativo che emerge da questo report riguarda il ricambio, ovvero quella dinamica che spinge una persona a comprare un nuovo smartphone per sostituire quello vecchio.
La maggior parte delle persone sceglie il proprio nuovo dispositivo mobile in base alla durata della batteria. E proprio questo è il tema centrale, visto che nella maggior parte dei casi (oltre alla fascinazione per un nuovo modello “di grido”, sempre uno dei punti focali del consumismo anche in chiave digitale) si sceglie di sostituire il proprio smartphone proprio per via di un non più corretto funzionamento della batteria. A tutto ciò si deve aggiungere un fattore: con i vecchi telefoni cellulari, era sufficiente acquistare una batteria e sostituirla (facilmente, aprendo uno sportellino ed estraendola dai connettori) senza bisogno di supporti. Invece oggi – nonostante il principio del “fai-da-te” sia stato sdoganato anche da Apple, Samsung e Google – , la “noia” di privarsi del proprio telefono per far sostituire la batteria diventa uno scoglio quasi insopportabile. Per questo, in molti casi, si fagocita la dinamica del scelgo, compro, utilizzo. E ripeto.
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