Dal Canada per l’ultimo bacio alla figlia Yana

È arrivata dal Canada il 6 febbraio, Tatiana Serbenchuk, dopo aver sfidato mille inghippi burocratici. Dopo l’atterraggio del volo a Malpensa in tarda mattinata, è corsa a Castiglione, per una preghiera sul luogo dove è stato trovato il corpo della sua bambina, e poi alle camere mortuarie di Mantova. Lei e Oleksandr, il papà di Yana, la 23enne uccisa dall’ex fidanzato Dumitru Stratan, hanno voluto, per un’ultima volta e per pochi istanti, rivedere ancora il viso della figlia.

«Sono qui perché la mia bambina è stata ammazzata - dice guardandoci negli occhi - Ma ringrazio tutti, dai carabinieri ai volontari, dall’avvocato Angelo Lino Murtas al nostro amico Francesco Porrello, alle altre persone di buona volontà, perché ci hanno dato la possibilità di vedere Yana per l’ultima volta». La voce è ferma quando chiede che sia fatta giustizia, in modo esemplare: «Sappiamo che nessuno ce la potrà restituire, ma mi rivolgo a chi avrà il potere di decidere: mia figlia deve avere giustizia, è l’unica cosa che ci resta in questo momento. Per Yana e per difendere le vostre figlie, perché quella persona può uccidere ancora. Per questo chiediamo la pena più severa, l’ergastolo. Non deve più fare male a nessuno. E la pena deve servire da esempio per gli altri».

Accanto a lei il papà di Yana, instancabile nelle lunghe ricerche, capace di mobilitare una comunità intera per trovare la figlia nei giorni in cui, ancora, si sperava in epilogo diverso, una figlia «che ama e amerà per tutta la vita». Oleksandr Malaiko ora è pronto a mettere le sue lacrime al servizio della battaglia contro la violenza verso figlie, madri, sorelle: «Questa dell’uccisione delle donne in Italia è un’epidemia che deve finire - dice Oleksandr - Con il cuore spezzato e l’anima in frantumi dico che mi batterò contro queste uccisioni».

Il padre di Yana lancia un appello agli altri uomini: «Ai fratelli, ai padri, ai vicini di casa, chiedo di fare qualcosa ogni giorno. Chiedo loro di unirsi, di alzarsi, di non voltarsi dall’altra parte e passare oltre, perché nessuno possa più fare male a una donna. Per cambiare questa situazione bisogna partire dalle piccole cose. Io non mi fermerò finché non avrò trovato giustizia, per Yana e per tutte le donne». S.Pin.