Superbonus, cosa succede adesso: tre cose da sapere sulle decisioni del Governo
È arrivato come un fulmine a ciel sereno: addirittura una conferenza stampa con la presenza del Ministro in persona e un numero speciale di Gazzetta Ufficiale per inserire, di sera, un decreto legge nel nostro ordinamento.
Evidentemente la misura per le casse dello Stato è colma e, mai come questa volta, la decisione deve essere stata tanto delicata nei ragionamenti, quanto potrebbe essere pericolosa nei suoi effetti se il decreto verrà convertito senza modifiche.
Ma andiamo con ordine: il Governo ha approvato un Decreto Legge (11/2023) che modifica la disciplina delle cessioni dei crediti fiscali intervenendo in tre diverse direzioni:
- bloccando l’acquisto dei crediti fiscali da parte delle pubbliche amministrazioni (Regioni, Provincie e Comuni, ma non solo) al fine di evitare forme di indebitamento del settore pubblico;
- disciplinando come l’acquisto dei crediti già in circolazione consente al cessionario di escludere la propria responsabilità tributaria solidale per concorso colposo nella violazione;
- sopprimendo la possibilità di esercitare le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito (ma mantenendo la possibilità della detrazione diretta in dichiarazione) per tutte le forme di bonus a decorrere dal 17 febbraio 2023.
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Partiamo, come sempre, dai numeri:
- il Ministro Giorgetti ha parlato di debito a carico di ogni italiano per 2.000 euro dal che si deduce che il Mef ha stimato che senza correzioni la spesa totale avrebbe toccato i 120 miliardi (ad oggi già 110 miliardi di crediti passati nei cassetti fiscali degli italiani).
- a voler essere oggettivi nei ragionamenti però va ricordato che il bilancio del superbonus va visto anche in positivo e non solo come una spesa da parte dello Stato. Ciò perché per le casse pubbliche, i soldi spesi per la maxi-agevolazione (che costituiscono mancate entrate per le casse dello Stato) per un periodo di cinque anni o 10 a seconda delle agevolazioni, costituiscono nel breve entrate certe per l’Erario in termini di Iva e Irpef e Ires di chi è coinvolto nei lavori;
- le stime di Ance, su questo stop improvviso, parlano di 15 miliardi di crediti incagliati (corrispondenti a 90 mila cantieri a rischio blocco), 25 mila imprese a rischio fallimento, 130 mila potenziali posti di lavoro persi nel settore.
Come dicevo in apertura è stato un decreto scritto in fretta e con l’urgenza tipica di quando una situazione è fuori controllo: come si trattasse di un treno che sta correndo a folle velocità e ci si fosse improvvisamente resi conto che i freni non funzionano più.
Le norme
Il problema è che con la norma appena emanata invece che prevedere forme di rallentamento del treno, possibilità per i passeggeri di scendere dal treno indenni, e magari lasciare che il treno continui a correre sebbene a velocità limitata, si è deciso di costruire un muro di cemento armato sui binari e di lasciare che il treno impatti.
Si conteranno in morti ed i feriti e si raccoglieranno le macerie, poi forse i binari saranno di nuovo liberi.
Metafore a parte il Decreto contiene norme positive e, altre, alquanto preoccupanti. La più importante e positiva, al fine di sperare che i crediti già esistenti sul mercato possano finalmente circolare, è quella che detta una serie di regole, finalmente chiare e oggettive, per limitare, direi meglio escludere, la responsabilità dei soggetti che acquistano i crediti: tale norma, attesa da tempo, dovrebbe finalmente sbloccare tutte le situazioni incagliate, favorendo l’incontro fra la domanda e l’offerta di crediti fiscali, e sbloccando l’acquisto da parte di tutti questi soggetti che hanno liquidità, versano regolarmente imposte allo stato e possono quindi (magari realizzando anche un piccolo guadagno finanziario) comprare crediti dagli istituti di credito ovvero da privati compensandoli nei modelli F24.
La gestione della cosa pubblica
Il secondo motivo di positività riguarda lo Stato, riguarda tutti noi cittadini e riguarda la cura che il “buon padre di famiglia” deve avere nella gestione della cosa pubblica: se effettivamente i conti sono fuori controllo un freno andava messo e questo, da semplice cittadino, lo considero un aspetto positivo.
Ulteriore elemento da sottolineare è quello riferito al fatto che i bonus edilizi non sono stati cancellati: è stata inibita la possibilità di cedere il credito che si genera quando un contribuente decide (per scelta o per incapienza) di non detrarre direttamente (in 5 o 10 anni) la spesa nella propria dichiarazione dei redditi.
Il blocco delle cessioni
Il blocco alle cessioni, peraltro, è stato accompagnato da una clausola di salvaguardia che prevede la possibilità di continuare a beneficiare della cessione del credito o dello sconto in fattura per tutti quegli interventi per i quali, alla data del 17 febbraio 2023, fosse già stata presentata una Cilas, ovvero fosse già stata adottata una delibera condominiale di approvazione dei lavori ovvero fosse già stata presentata istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo per gli interventi di demolizione e ricostruzione. La clausola di salvaguardia è stata scritta correttamente salvo per quel che riguarda i “bonus acquisti” dove in realtà la norma non tiene doverosamente conto di quel criterio fondamentale nell’esercizio dell’attività di impresa che si chiama “affidamento” o “buona fede”.
La tutela dei contribuenti
Lo abbiano detto e scritto più volte: la tutela dei contribuenti e delle imprese con norme stabili e non cangianti è un diritto a cui non si dovrebbe mai rinunciare al fine di dare credibilità al sistema economico del Paese.
La norma che stiamo commentando, con la modifica di giovedì, ha subito 22 modifiche in 30 mesi di vita! Gli investitori si attraggono (o non si fanno scappare via dal nostro Paese) con norme certe e stabili.
I crediti fiscali
Da ultimo, una riflessione sugli enti pubblici e sul divieto imposto dal decreto di acquisto da parte loro dei crediti fiscali: l’idea che tali enti potessero aiutare lo sblocco dei crediti mi piaceva molto. Sono ancora convinto che dovesse essere una soluzione, soprattutto richiamando quel criterio del “buon padre di famiglia” che ho citato prima.
Proprio sulla base di tale assunto ritengo che chi ha permesso che si generasse una situazione di incaglio così problematica, adesso dovrebbe trovare le soluzioni anche mettendo in campo i suoi strumenti di secondo livello (ossia gli enti pubblici che mensilmente pagano ritenute e Irpef per i propri dipendenti).
Mi rendo conto, d’altro canto, che ragionamenti più alti e complessi, fatti dalla Ragioneria generale dello Stato e supportati dalle indicazioni dell’Europa, relativi alla possibile determinazione di un aumento del debito pubblico (perché i debiti degli enti locali rientrano nel più generale concetto di debito dello Stato), siano pregnanti e supportati da regole contabili.
Tuttavia, ipotizzando un ragionamento, per gli enti pubblici e per i loro bilanci, basato non sull’aumento del debito ma sulla modifica della spesa corrente (sostituzione di spesa per ritenute e contributi in spesa per acquisto crediti fiscali) forse ci sarebbero spazi per una revisione della disposizione appena emanata.
Infine, un auspicio, che riprende il tema del treno lanciato ad alta velocità: ci sono tanti cantieri ancora aperti, altri che sono in partenza, molte imprese sono impegnate finanziariamente in ristrutturazioni importanti, molte famiglie sono appese ad aspettative introdotte dal legislatore e ritenute quindi affidabili.
Speriamo che il treno, se deve essere fermato, abbia un macchinista attento non solo ai motori (conti pubblici) ma anche alla tutela dei suoi passeggeri (imprese e cittadini) e soprattutto che la fermata sia programmata e graduale, permettendo a tutti di scendere dal treno, anche qualche stazione prima del previsto, augurandoci che questo non si schianti contro un muro ma continui il suo viaggio, con regole certe e forse meno spregiudicate.