Femminicidio di Lidia, l’8 marzo via al processo di appello

PAVIA. La scelta della data è casuale, ma piena di significato. È stata fissata per l’8 marzo, giorno della festa della donna, l’udienza del processo di appello per l’omicidio di Lidia Peschechera, uccisa dal suo fidanzato, Alessio Nigro, 29 anni di Sant’Angelo Lodigiano, nell’abitazione della vittima, in via Depretis al Ticinello, il 12 febbraio del 2021. Nigro, reo confesso, era stato condannato, a luglio dello scorso anno, in primo grado a 20 anni: la Corte di Assise di Pavia, presieduta dalla giudice Elena Stoppini, aveva riconosciuto il vizio parziale di mente, come stabilito dal consulente della difesa, e cancellato l’aggravante dei futili motivi. Una sentenza accolta con amarezza dai familiari e dalle amiche di Lidia, che sperano in un ribaltamento in appello.

Il ricorso in appello è stato presentato da tutte le parti: procura, difesa e parti civili, anche se con motivazioni diverse. La pm Diletta Balduzzi, che aveva chiesto l’ergastolo alla Corte d’Assise di Pavia, insiste per il carcere a vita. Una richiesta che si basa sulla tesi che aveva già accompagnato il processo di primo grado: Nigro era lucido quando uccise Lidia, strangolandola e lasciando il suo corpo nella vasca da bagno, coperto da un telo, fermandosi, per tre giorni, nella casa con il cadavere prima di essere arrestato.

A presentare appello anche la difesa dell’imputato, sostenuta dall’avvocato Giovanni Caly, ma con un altro obiettivo: ottenere la riduzione della pena, per le stesse conclusioni a cui era arrivato il consulente della difesa, Cristiano Barbieri, che aveva parlato di una «capacità di volere fortemente scemata» e di un disturbo di personalità dell’imputato i cui effetti sarebbero stati amplificati dall’alcolismo cronico.

Alla fine la Corte di Assise aveva ritenuto «più convincente» il consulente della difesa, che aveva diagnosticato a Nigro un disturbo borderline di personalità, una patologia che, insieme all’alcol bevuto prima del delitto, «gli ha impedito di controllare gli impulsi» e la «sua aggressività». A fare ricorso, sulla quantificazione dei risarcimenti, anche i familiari della vittima, la sorella di Lidia, Carmela Peschechera, la madre Adele e l’ex marito Dario Brambilla.

m. fio.