Mandorlini: «Molto felice di essere qui, Mantova merita più di questa categoria»
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Mantova merita più di questa categoria»](https://www.gedistatic.it/content/gnn/img/gazzettadimantova/2023/02/21/213308965-d950d0b9-d16d-408a-a5c8-cfba982b1c30.jpg)
Il mister: «Situazione difficile, i gol presi pesano. Dieci finali a partire da Crema, poi ci saranno le basi per costruire»
Poche promesse, tanto realismo, altrettanta umiltà e qualche messaggio incoraggiante alla tifoseria biancorossa. Si può riassumere così la prima conferenza di Andrea Mandorlini, che nella sala stampa del Martelli si dice «emozionato come fosse la prima volta, nonostante abbia combattuto mille battaglie e ne abbia viste di tutti i colori».
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Innanzitutto il perché ha accettato, anche se tanti conoscenti gli hanno detto “chi te lo fa fare, sei matto”: «Non avevo mai visto un presidente venire a casa mia per convincermi, la cosa mi ha emozionato e reso orgoglioso. Se ho sentito Setti? No, ho parlato soltanto con Piccoli. Avevo tanta voglia di rientrare, in precedenza avevo rifiutato altre proposte per motivi personali. A Mantova però ne vale la pena, sono molto contento di essere qui. Questa è una piazza importante che merita molto più di quello che ha attualmente. Spero di essere la persona giusta».
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Della situazione della squadra conosce l’essenziale: «Ho visto qualcosa, un’idea me la sono fatta ma poi bisogna toccare con mano sul campo e già oggi nell’allenamento ho cominciato a conoscere qualche giocatore, a capirne le caratteristiche. I 49 gol al passivo primo problema? Beh, è chiaro che i numeri nel calcio contano. Subire così tanto per una squadra diventa pesante, fra l’altro in difesa adesso abbiamo diverse assenze fra squalifiche e infortuni... È normale che dobbiamo migliorare».
Il primo contatto con la squadra Mandorlini lo riassume così: «È ovvio che dopo una sconfitta così pesante e l’addio di un allenatore con cui s’è lavorato per tanti mesi ci sta un po’ di scoramento. Sono stato calciatore e li capisco. Ma la vita va avanti e ora bisogna voltare pagina in fretta, fare di più per uscire da una situazione difficile. Mancano poche partite alla fine e la classifica comincia a piangere, deve scattare qualcosa a livello individuale in ognuno per migliorare. Bisogna grattare tutto fino al fondo, c’è bisogno di tutti».
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La prima cosa detta al gruppo: «Ho detto ai ragazzi che ne ho vissute tante di battaglie e di finali ma per me è come la prima volta. È un’emozione, il campo è un’emozione... Non vedevo l’ora di ricominciare e insieme dobbiamo provare a risolvere la situazione. Se conoscevo già qualche giocatore? Fazzi era con me a Padova, poi i più “attempati”, da Bocalon a Guccione, li conoscevo».
Nella prima seduta Mandorlini ha subito provato il suo modulo tattico prediletto, il 4-3-3, ma non esclude di poterlo anche cambiare: «All’inizio ci si appoggia su ciò che si conosce - spiega -. Poi vedremo, la mia intenzione è sempre quella di mettere i calciatori nella migliore condizione per esprimersi. Più della tattica, però, è importante l’atteggiamento della squadra. Ci aspettano dieci partite, che sono altrettante finali. E la prima è domenica a Crema, con uno scontro diretto cruciale».
Ai tifosi, che con Corrent erano ai ferri corti, Mandorlini si rivolge così: «Prometto solo che darò tutto, che daremo tutto e faremo di tutto per salvarci. Domenica ho visto che allo stadio erano in tanti, poi è andata com’è andata... Questa piazza merita molto più di questa categoria e la cosa magari per ora è nei miei pensieri, nei sogni... Adesso bisogna stare coi piedi per terra e risolvere una situazione difficile. Se le cose vanno bene, però, credo che ci siano le basi, con un presidente e una società importanti, per fare bene. Con me al timone? Vediamo, adesso pensiamo a salvarci».
A Mantova peraltro Mandorlini è legato da amicizie e ricordi: «Persi uno spareggio al Martelli quando allenavo la Triestina all’inizio della carriera. Due anni fa col Padova vinsi 6-0 ma ho tanti altri ricordi. L’anno della B, ad esempio, quando guidavo il Bologna e il Mantova avrebbe meritato di andare in A». Chissà se quel treno ripasserà mai in riva al Mincio.