Cucina italiana candidata a patrimonio dell’Unesco. Mondo del caffè beffato
Una beffa. Così gli operatori del mondo del caffè valutano la scelta del governo di approvare per il 2023 la candidatura de “la cucina italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale” come patrimonio immateriale dell’Unesco. Così, quella invece a sostegno del “caffè italiano espresso tra cultura, rituali, socialità e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli” resta in panchina.
[[ge:gnn:ilpiccolo:12733179]]
Per il 2023 la candidatura non era stata avanzata, «perché in una riunione al ministero della Cultura ci avevano spiegato che l’Unesco ha cambiato le regole, prevedendo ogni Paese non possa avanzare per due anni di fila la candidatura di un bene immateriale», spiega Giorgio Caballini di Sassoferrato, amministratore di Dersut Caffè e presidente del Consorzio di tutela del Caffè espresso italiano tradizionale.
È bene ricordare che lo scorso anno a essere candidata era stata l’opera lirica, un bene immateriale, «quindi noi ci siamo fermati – continua Caballini –, per scoprire però ora che il ministero della Cultura insieme a quello dell’Agricoltura hanno reso noto che il governo italiano ha avviato l’iter per la candidatura della cucina italiana, a sua volta un bene immateriale». Il Consorzio di tutela del Caffè espresso italiano tradizionale, sorpreso dalla decisione, ha scritto ora ai due ministeri, chiedendo spiegazioni.
Ma andiamo con ordine, ripercorrendo le tappe della proposta di candidatura dell’espresso, che vede Trieste e molti degli operatori locali impegnati nel mondo del caffè in prima linea nel sostenerla. La proposta di far diventare l’espresso italiano patrimonio Unesco nasce da due distinte autorevoli candidature. La prima, partita già nel 2016, a firma del Consorzio di tutela del caffè espresso italiano, che ha sede a Treviso ma che portava di fatto in dote anche il valore storico e culturale del caffè di Trieste. La successiva era stata promossa dalla Regione Campania, a sostegno della cultura del caffè napoletano. Nel 2021 la Commissione interministeriale incaricata di istruire la pratica per l’Unesco aveva rimandato la valutazione all’anno successivo, nella speranza si trovasse una soluzione meno divisiva. Grazie alla mediazione dell’allora ministro alle Politiche agricole Stefano Patuanelli, nel 2022 Nord e Sud avevano avanzato un’unica candidatura, ma a spuntarla era stata “l’arte italiana dell’opera lirica”.
Il presidente dell’Associazione Caffè Trieste Fabrizio Polojaz ammette: «Siamo stati presi in contropiede, perché sulla base delle informazioni che ci avevano dato, le cose quest’anno dovevano andare diversamente». Pur restando fiducioso per la candidatura del prossimo anno, rileva come «mentre a livello locale e regionale l’appoggio delle istituzioni ci sia stato, forse manca la spinta a livello nazionale». Pur considerando la candidatura della cucina italiana di alto profilo, l’imprenditore Franco Bazzara ritiene si «continui a non capire il valore del caffè: stiamo parlando di uno dei primi prodotti al mondo, che alimenta una filiera che va dall’importatore, al produttore di macchinari fino al barista. Tutelare il rito dell’espresso italiano è im