Lassù sulle montagne tra gioie e dolori l’ingegnere Brunner andava a caccia dell’infinito
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foto da Quotidiani locali
TRIESTE «Di fronte alla montagna mi sono sentito sempre piccolo ed umile. Mi sono avvicinato a lei con amore e raccoglimento. Ne ho avuto gioie, che sono superiori a tutte le felicità terrene e che non può conoscere chi non le prova. Ne ho avuto dolori, che fanno quasi sprofondare nella disperazione. Ma dai quali l'anima esce purificata. Nel segno della montagna si è svolta una gran parte della mia vita».
Così scrive l'ingegnere Giorgio Brunner nel dicembre del 1954, nella prefazione al suo libro di memorie “Un uomo va sui monti”. Il libro potrebbe intitolarsi anche “Confessioni di un alpinista”. Non si tratta infatti di un normale diario alpinistico, emozionante, drammatico o aneddotico, ma d'una riflessione sulla relazione intima fra un uomo e la montagna. Il libro venne pubblicato per la prima volta nel 1957 dalle edizioni Alfa di Bologna, ma nel 2018 n'è stata curata una ristampa ad opera di Marina Brunner Masetti, figlia dell'autore.
Giorgio Brunner (Trieste 1897-1966) è stato assieme a Julius Kugy, Napoleone Cozzi, Emilio Comici, Efraim Desimon, Ezio Rocco e i "Bruti", Umberto Pacifico, Gianni Sferco, Enzo Cozzolino, Duilio Durissini, e Giorgio Costa tra i più importanti e significativi alpinisti della storia dell'alpinismo triestino.
Da bambino si trasferì con la propria famiglia a Zurigo e tra le montagne della Svizzera iniziò la sua attività di escursionista. Nel 1921, dopo essersi laureato in ingegneria elettronica a Zurigo, ritorna a Trieste, dove la sua passione per la montagna trova nuovi stimoli. Già nel 1929 è accademico del Club Alpino Italiano. Per le riviste del Cai scrive articoli e collaborerà all'edizione di “Alpinismo Eroico” di Emilio Comici. La sua passione per la montagna è precocissima, ancora adolescente compie lunghe escursioni sul Carso Triestino. Brunner comincia a fare importanti scalate, prima nelle Alpi Giulie e poi su tutto l’arco alpino. Il celebre alpinista Emilio Comici ne riconoscerà l'entusiasmo, la passione e il talento, i due diverranno amici e firmeranno una serie di splendide ascensioni, invernali ed estive, tra Alpi Giulie e Dolomiti, condivideranno le emozioni di ciinquanta salite, di cui venti prime.
In Svizzera Brunner inizia a scalare da solo e compie le prime ascensioni su ghiaccio. Complessivamente Giorgio Brunner può contare al suo attivo quasi 600 salite di difficoltà classiche, delle quali 64 prime. Nella prima parte del suo volume di memorie racconta attraverso le pagine dei diari che tenne per tutta la vita, la sua formazione di alpinista, mentre nella seconda parte narra di viaggi e spedizioni in luoghi lontani: Ande, Pirenei, nella Norvegia settentrionale, area del Monte Bianco, Zermatt, Oberland Bernese, e di ritorni entusiasti alle Alpi Giulie, al Triglav, al Montasch e al Bela Pec di cui Brunner conosce ed ama in ogni aspetto di selvaggia bellezza.
Giorgio Brunner è famoso per la sua attività pionieristica nelle ultime zone inesplorate: delle Alpi: fu infatti pioniere dello sci alpinismo e dell'esplorazione dei Monti Feruch e delle Pale di San Lucano fra il 1931 e il 1942. Fu un partigiano dell'alpinismo solitario ed ha compiuto cento ascensioni fra cui tre prime. E proprio sul gruppo montuoso delle Pale di S. Martino, in sua memoria il 6 agosto del 1967 venne inaugurato il “Bivacco Brunner”, un prefabbricato "tipo Apollonio-Barcellan" eretto per iniziativa dell'Associazione XXX Ottobre del Cai in collaborazione con la Fondazione Antonio Berti. Il bivacco alpinistico si trova a quota 2667 m in località Val Strut a Canale d'Agordo, è sempre aperto e offre nove posti letto.
La testimonianza di una vita di vagabondaggi che l'ingegnere triestino Giorgio Brunner ha lasciato in “Un uomo va sui monti” è unica nel suo genere, e ci permetter di vivere assieme a lui la sua prima salita invernale del Cridola insieme a Emilio Comici il 15 febbraio del 1930 e tutte le scalate lungo l'intera dorsale alpina dalla Francia alla Svizzera, dall'Italia all'Austria e alla Jugoslavia, con sconfinamenti nell'America del Sud. Molti capitoli del libro riguardano Cortina e il Cadore: quassù infatti, il triestino – cultore delle salite invernali e solitarie - con vari compagni tra cui spesso la moglie, compì la prima salita di due canaloni ghiacciati nord, sul Sorapis (1929) e sulla Punta dei Tre Scarperi (1930), nonché diverse prime salite invernali: Cridola da sud, Piz Popena, Cima Cadin di San Lucano, Cristallino di Misurina, Pala di Meduce, Sorapis, Punta Nera, Zesta. L'alpinismo di Giorgio Brunner fu sempre improntato a una concezione romantica, quasi ottocentesca, della montagna. Giorgio Brunner nelle sue memorie si definisce una persona egocentrica, certo è che alla conquista delle vette dedicò ogni giornata libera della sua vita, fino a due mesi prima della scomparsa nel 1966. C'è da chiedersi, con tutte le attrezzature oggi disponibili, l'abbigliamento specializzato, la tecnologia moderna, chi oggi si arrischierebbe a seguire le sue orme d'inverno su cime disertate come il Piz Popena (che raggiunse con Comici nel 1932) o secondarie come la Punta Nera (che toccò da solo nel 1941) e la Zesta (scalata assieme alla moglie Massimina Cernuschi e al cognato Mauro Botteri nel 1942). A conclusione del suo libro Giorgio Brunner rivolge uno sguardo all'attività alpinistica di tutta la sua vita, ai pericoli che ha corso e agli incidenti che gli sono toccati, le cadute, i rischi non calcolati, valanghe, corde fuori controllo, e con l'umiltà dei grandi si classifica “nel rango dei meno abili”.