Il giovane Carlo e l’anarchica russa Nadia: «Una storia di grande disagio esistenziale»
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foto da Quotidiani locali
“Abbracciando stretta la vita”: è tutto in questa espressione il senso profondo che segna l’esperienza esistenziale e intellettuale di Carlo Michelstadter, e anche quello dello spettacolo che Claudio De Maglio, drammaturgo e regista, ha realizzato per il Teatri Stabil Furlan in sinergia con la Civica Accademia d'arte drammatica Nico Pepe, che andrà in scena oggi, domenica 2, alle 21 al Teatro San Giorgio di Udine.
Spettacolo iniziato due estati fa al Mittelfest con uno studio sul rapporto drammatico eppero fecondissimo tra Carlo, giovane studente in quel di Firenze ai primi del ’900 e Nadia Baraden, giovane russa anarchica imbevuta di spirito rivoluzionario, la cui tormentata inquietudine esercitò un fascino irresistibile sul poeta e filosofo goriziano, al punto che lui stesso ne seguirà le orme suicidandosi nel 1910 a soli 23 anni come aveva fatto tre anni prima la Baraden.
«Quella storia, racconta De Maglio, così esemplare di quel disagio esistenziale, di quel mal di vivere che segnò gli ultimi anni della civiltà mitteleuropea, travolta come sarebbe stata di lì a poco con la grande guerra, quella storia aveva bisogno, anche ispirandomi al testo di Antonio Devetag, di un ampliamento, che la collocasse nel più ampio contesto goriziano in cui visse e maturò la sua visione del mondo Michelstadter».
Da qui il sottotitolo dello spettacolo “Il giovane Carlo Michelstadter e Gorizia: famiglia, amici e amori”.
«Si trattava di scegliere alcuni dei personaggi che più influirono sulla sensibilità e sulla formazione di Carlo – spiega De Maglio – a partire dalla figura del padre Alberto. Una figura importante in quanto era per così dire l’ancora morale del figlio, una presenza anche ingombrante: all’inizio anche con tratti di paterna amorevolezza, diventato poi una specie di grillo parlante che costringerà Carlo, ad esempio, ad abbandonare Jolanda la ragazza che aveva sostituito Nadia nel cuore del ragazzo».
Altri personaggi?
«I due grandi amici, Enrico Mreule, quasi un mentore di Carlo che lo instradò alla filosofia e Nino Paternolli, il compagno di tante avventure giovanili in montagna, nelle acque dell’Isonzo nelle gare sportive e soprattutto proprietario di quella famosa soffitta di piazza Vittoria in cui i tre si trovavano per discutere chiacchierare, sognare... E poi c’è il personaggio di Argia Cassini, giovane e sensibile musicista, l’ultimo grande amore di Carlo che però non riuscirà a placarne l’animo inquieto e ribelle per condurlo in quella vita borghese di marito e padre caldeggiata dal genitore».
C’è una qualche consonaza che ha voluto evidenziare tra noi e il nostro tempo e un personaggio come Michelstadter?
«Sicuramente il fatto che Michelstader è stato figlio di un tempo di “transazione”, come afferma lui stesso di se’, nel quale pur con le dovute distinzioni possiamo rifletterci. A me interessava raccontare di una grande voglia di vivere e al contempo dell’insoddisfazione nella realtà che quella voglia immiserisce».
Come è strutturato lo spettacolo?
«L’ho immaginato come un lungo flashback in cui negli ultimi istanti della sua vita si affacciano figure e momenti che sono stati fondamentali per il percorso di Carlo. Per questo l’ho ambientato in una sorta di non luogo, più allusivo della spazio mentale del protagonista che di quello che potrebbe sembrare uno studiolo, nelle scene di Claudio e Andrea Mezzelani e nei costumi di Emanuela Cossar. E qui ritornano le figure ma anche i flash su alcune esperienze come il festeggiamento al bordello per lo scampato servizio militare. Quello che ho cercato di fare è stato rendere conto della estrema vitalità, della straordinaria ricchezza e versatilità di questo giovane talento nei campi della scrittura, del pensiero filosofico, della pittura e della poesia. E di come la vita stessa diventasse per lui un’attrazione fatale contro cui poco potè la sua filosofia. Lui stesso disse: “come la lampada si spegne per mancanza d’olio, così la mia vita si spegne per traboccante sovrabbondanza”.
In scena Massimo, Somaglino, Giulia Cosolo, Alessandro Maione, Klaus Martini, Dina Mirbakh, Radu Murarasau...
«Una squadra affiatatissima di amici ed ex allievi, con cui lavorare è stato bellissimo».