Casteggio-Belgrado, un ponte culturale A giugno riaprirà la Casa dell’Art brut
foto da Quotidiani locali
L’intervista
Carlo E. Gariboldi
Creare un ponte tra Italia e Serbia in nome dell’outsider art. È questo il senso della mostra che la Casa dell’Art Brut di Mairano sta preparando per il 10 giugno prossimo (e fino al 2 luglio).L’occasione sarà anche l’apertura del rinnovato edifico di Mairano, Casteggio, sede operativa dell’associazione Casa dell’Art Brut. La project leader dell’associazione è Marta Rudoni, una giovane esperta d’arte che da tempo si è specializzata in questo settore e - con il sostegno della Fondazione Bussolera Branca ha stretto rapporti intensi - tra gli altri - con il museo MNMU (Museum of Naive and Marginal Art) di Belgrado proprietario delle opere che saranno esposte. L’abbiamo incontrata a Mairano mentre segue la fine dei lavori di ristrutturazione e prima di una breve vacanza in montagna (dove, tra l’altro, vola in parapendio)
Marta come nasce questa mostra?
«La mostra sarà la concretizzazione del rapporto di collaborazione, siglato nel 2020, tra Casa dell’Art Brut e il Museo Mnmu di Belgrado uno dei principali centri di outsider art al mondo. Aperto nel 1960, quando il movimento fondato da Jean Dubuffet era nato da poco e non esisteva ancora la Collection di Losanna».
Voi avete chiamato la vostra associazione (e il vostro centro di documentazione, ricerca ed esposizioen) Casa dell’Art Brut. È un omaggio a Dubuffet?
«Sì è un termine molto legato alla storicizzazione, secondo la definizione data da Dubuffet nel 1945. Il termine Casa vuole invece riflettere il senso di accoglienza che si ritrova, una volta varcata la soglia.
Come definirebbe l’art brut?
«Come un’espressione artistica pura, incontaminata, lontana da logiche accademiche ed economiche. Letteralmente sarebbe arte grezza. Ed è un fatto che oggi si parli di più di outsider art, un termine in grado di contenere un maggior numero di produzioni, anche legate al contemporaneo ».
Ci dice qualcosa sui due artisti balcanici esposti?
Gli artisti esposti sono veri autodidatti, non legati quindi a mondi accademici, scuole e stili. Sava Sekulic e Ilija Bosilj possono essere considerati autori storici. Ilija Bosilij era apprezzatissimo dal fondatore dell’Art brut. Sono comunque due artisti di successo, ma che sono partiti facendo altri mestieri. Sono stati scelti per la loro importanza estetica e per l’importanza che rivestono. La mostra ci sta permettendo di lavorare con il MNMU in una sinergia molto importante e devo dire stimolante e arricchente. Gli autori saranno esposti al primo piano della Casa dell’Art brut. Al piano terreno ci saranno alcune delle nostre opere».
Come li avete selezionati?
«A dire il vero con questa operazione aggreghiamo due mostre, due monografiche, che sono state allestite a Parigi nel 2021 e nel 2022».
Come si è avvicinata a questo movimento artistico?
«Veramente per caso. All’epoca era una neo laureata, da sempre curiosa, sono venuta a conoscenza di questo nuovo progetto artistico e approdata alla fondazione Bussolera-Branca, ho potuto vedere da vicino nascere Casa dell’Art Brut. Qui ho iniziato a studiare le opere e gli autori della collezione ma anche a conoscere i diversi centri museali europei. Nel tempo il mio ruolo è accresciuto sia come competenze, sia come responsabilità.
L’outsider art rischia di occupare solo una nicchia?
«Noi siamo il primo centro dedicato allo studio e alla valorizzazione dell’Art brut. Abbiamo una collezione vasta ed eterogenea e siamo un centro di documentazione con più di tremila volumi dedicati a questo settore rappresentando in questo senso una risorsa per studenti e ricercatori- abbiamo infatti diversi tesi di laurea redatte con il nostro supporto.
Forse siete più noti all’estero che in Italia?
«Si, siamo inseriti in un sistema museale europeo. In Italia mancava una struttura di questo tipo. Abbiamo la fortuna di avere la Fondazione Bussolera Branca che ha voluto sostenere questo progetto culturale- in linea con il suo percorso di intenti- Comunque, tornando alla domanda precedente, non c’è la volontà di rinchiudersi in nicchie. Ci occupiamo di un prodotto artistico senza steccati».
Quali sono gli altri centri importanti in Europa?
«Sicuramente la Collectione de l’Art brut di Losanna, nata dalla donazione di Dubuffet. Ci sono altri importanti centri a Vienna, in Germania e a Parigi. Ogni anno ci sono due fiere importanti a New York e Parigi in grado di alimentare il nuovo collezionismo. In Italia ci sono diverse realtà con le quali collaboriamo - penso a galleria Gliacrobati, all’Associazione Forme in bilico di Torino. Ma anche all’importante rivista palermitana Osservatorio Outsider Art».
È vero che nella definizione Art brut, secondo Dubuffet c’era anche un collegamento allo champagne, allo spumante brut?
«Sì è vero. Dubuffet commerciava in vino e ha voluto prendere a prestito il termine brut proprio per indicare questa espressione artistica, senza edulcoranti. Fa sorridere che anche da noi si ritrova questo collegamento, data la vicinanza con la tenuta Le Fracce che ci ha già “regalato” un vino - un brut- denominato per l’appunto Art».