Berlusconi e Don Antonio Zuliani, insieme contro la droga
Chissà se la Piccola Comunità di Conegliano, per l’accoglienza di tossicodipendenti, tra le prime in Italia a vedere la luce, si sarebbe così radicata fino a resistere più di cinquant’anni, senza gli assegni staccati dalla famiglia Berlusconi: Silvio e Paolo, e prima ancora i genitori.
Di sicuro la casa di Levada, a Ponte di Piave, non sarebbe finita nell’orbita solidale di don Gigi Vian e don Antonio Zuliani se i Berlusconi non fossero intervenuti con la somma necessaria all’acquisto.
E di sicuro don Zuliani bussava spesso da Silvio e Paolo quando – spesso – le casse di via Molmenti, a Conegliano, dove ha sede la Piccola Comunità, rimanevano vuote, soprattutto per i ritardi delle Aziende sanitarie, della Regione, della Provincia, dei Comuni nel saldo dei conti.
Don Zuliani, salesiano, aveva conosciuto Silvio Berlusconi in Alto Adige, quando il giovanissimo rampollo della borghesia milanese era salito fin lassù per svolgere il servizio militare. Il prete dalla barba argentata dirigeva allora il collegio salesiano.
E, nella sua sobria cameretta a Conegliano, in via Vital, altra sede della Comunità, conservava i primi volumi scritti da Berlusconi: li presentava come trattati di filosofia.
Ai ragazzi in comunità parlava del nuovo leader politico come di un “autentico rivoluzionario”, di un modello alla pari di De Gasperi – ci riferiamo a metà degli anni ’90, quindi ai primi passi del suo amico sul palcoscenico politico –, così geniale da aver plasmato una società di calcio, il Milan, che era anch’essa esemplare – sempre secondo Don Zuliani – per la pratica delle virtù comportamentali, tanto che invitò la squadra al completo in comunità per dare “lezione di vita” ai ragazzi.
Ma nell’estate del 2000, precisamente a fine luglio, toccò allo stesso Berlusconi presentarsi in via Molmenti, alle spalle del castello di Conegliano, per assecondare il desiderio dell’amico prete affinché si raccontasse lui stesso agli “scarti” della società trevigiana. E Berlusconi non deluse né don Antonio, né don Gigi, che non era proprio delle stesse idee politiche del confratello; tanto meno gli ospiti. «C’è stato un momento nella mia vita in cui ho dovuto sfoderare tutta la mia voglia di resistere e di esserci: sapete, ho avuto un cancro alla prostata – ha testimoniato con molta semplicità, dopo che Zuliani lo aveva invitato a dire ai giovani come sia possibile rigenerarsi – Ho vissuto mesi da incubo, ma ho continuato a lavorare senza far trasparire nulla. Poi sono stato operato e ce l’ho fatta. E ho ricominciato con ancora con più grinta».
Nella grande cucina della comunità, utilizzata anche come auditorium, i ragazzi ammutolirono. Di più ancora i due preti e il sindaco di allora, Floriano Zambon, che era stato invitato a portare il benvenuto della città. Era la prima volta che Berlusconi, in quell’anno a capo del Polo delle libertà, quindi non solo di Forza Italia, parlava in pubblico della sua malattia. Che – attenzione – lo aveva colpito solo tre anni prima, nel 1997. Si sorprese, della testimonianza, anche il fratello Paolo che lo accompagnava, per incontrare anche lui il “prete dei drogati”. La circostanza era privatissima; per la verità don Antonio non aveva mancato di invitare, oltre al sindaco, anche alcuni consiglieri comunali, tutti ovviamente di Forza Italia.
Silvio e Paolo, arrivati in elicottero, non si limitarono all’incontro pubblico. Visitarono i laboratori artigianali della Comunità, le coltivazioni agricole, salirono sulla collina per ammirare il panorama verso le Prealpi, s’intrattennero con gli educatori e i ragazzi. Ragazzi che, in qualche caso, avevano anche dei genitori vicino. Il dialogo? Cordialissimo con tutti. Berlusconi s’era portato appresso un grande pacco di libri, con i suoi discorsi a braccio, e lì dispensò, con tanto di autografo.
La sua testimonianza non si fermò al racconto della malattia. Ammise che voleva tornare a Palazzo Chigi e assicurò che era già pronto il programma di governo e anche l’organigramma dei ministri. Si inoltrò nelle analisi politiche, soffermandosi sull’argomento che allora privilegiava: l’anticomunismo.
«È una reazione» disse «che mi è nata dai salesiani, dopo aver conosciuto alcuni sacerdoti giunti da oltre-cortina, dalla “Chiesa del silenzio”» . Ovviamente si dilungò a spiegare la politica che avrebbe voluto attuare sulle tossicodipendenze. «Daremo sostegno» spiegò, cercando di rassicurare anche con il sorriso don Zuliani e don Vian«a tutti i centri che combattono la droga. Io non credo a quelli che distribuiscono il metadone, penso che chi ha avuto i vostri problemi vada aiutato con l’affetto, che debba essere aiutato a tornare alla vita. Ad essere un uomo completo».
La testimonianza della malattia arrivò dopo alcune domande degli ospiti. E per incoraggiare chi lo ascoltava, si soffermò sull’importanza di non mollare mai. «Sono convinto» aggiunse «che la forza di volontà conti moltissimo, che sia la molla che spinge ad andare avanti nella vita».
Non mancarono le barzellette, le indiscrezioni sul Milan e sulla campagna acquisti. «Il Milan è a posto in tutti i reparti e speriamo che l’allenatore sappia tirar fuori, prima di tutto, un buon gioco». La comunità aveva allora una squadretta di calcio.
Uno dei giocatori azzardò: presidente sarà possibile avere alcune maglie del Milan? «Berlusconi si entusiasmò» ricorda il sindaco Zambon «e promise due mute di divise nuove. Anzi decise di fare le cose in grande e garantì di portarli tutti a San Siro il 27 agosto, quando allo stadio milanese si sarebbe giocato Milan-Juve, la prima partita del trofeo Luigi Berlusconi» .
Che l’amicizia con don Antonio fosse consolidata lo dimostra il fatto che Berlusconi proprio a lui confidò la fine del suo matrimonio con Veronica Lario. «Don Antonio è un nuovo santo che è vissuto tra noi» commenterà Paolo Berlusconi, anche per conto del fratello Silvio, al funerale del sacerdote, nel 2009, a Conegliano «Diceva sempre che si può essere santi nella normalità.
E lui lo è stato. Un “prete di frontiera’’ che ha condotto “una vita sul marciapiede per dare speranza a migliaia di ragazzi”. Un prete che si è votato all’educazione alla verità, contro ogni possibile manipolazione».