Il diritto d’autore e il tentativo di fuga di Twitter dal Digital Service Act
Tre indizi fanno una prova? Non sempre, ma proviamo a riannodare i nodi degli ultimi eventi che hanno coinvolto Elon Musk (anche di riflesso) per provare a capire quali siano i piani per il futuro dell’imprenditore. Soprattutto legati al mercato europeo della sua piattaforma social. Come noto, infatti, il fondatore di Tesla non è molto avvezzo alle regole già stabilite ed è aspramente critico nei confronti di quelle appena partorite ed entrate in vigore. E così, legando una serie di eventi, sembra quasi naturale il tentativo di Twitter di non voler seguire i princìpi marchiati a fuoco nel testo del DSA (Digital Service Act).
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In principio fu l’abbandono di Twitter a quell’accordo (su base volontaria) chiamato “Codice di condotta UE contro la disinformazione”. Un patto che impegna le piattaforme social a fare di tutto per azzerare al minimo le fake news pubblicate dagli utenti attraverso canali, pagine e profili. E se questa adozione è ancora volontaria, dal 25 agosto inizierà il monitoraggio da parte della Commissione Europea sulla corretta applicazione del Digital Service Act che, tra le altre cose, prevede anche la lotta alle bufale sulle piattaforme digitali. Poi, come secondo aspetto, l’improvviso viaggio di Musk in Italia per incontrare il Ministro degli Esteri e la Presidente del Consiglio. Si è parlato di tutto – stando ai comunicati ufficiali -, ma il tempismo sembra voler portare a un lido: un tentativo di chiedere a diversi Stati membri – compreso il nostro – di ammorbidire le linee rigide dell’UE per regolamentare le piattaforme digitali. E non finisce qui. Nel frattempo, infatti, l’industria musicale americana ha intentato causa contro Twitter per violazione del diritto d’autore.
Twitter-DSA, i riferimenti al diritto d’autore
Tre tassello che sembrano essere fondamentali per svelare le vere intenzioni di Elon Musk. Perché la data del 25 agosto si avvicina e il rapporto Twitter-DSA potrebbe essere strettamente legato a questi tre eventi. Perché se è vero che il Digital Service Act non si occupa esclusivamente di diritto d’autore, è altrettanto vero che all’interno del testo ci sono moltissimi riferimenti alle verifiche sulla corretta attuazione dei paletti della Direttiva Copyright. In che modo? Scorrendo lungo il testo del DSA, salta all’occhio un dettaglio all’interno dell’articolo 2, quello che si occupa dell’ambito di applicazione. Il comma 4, infatti, recita:
«Il presente regolamento non pregiudica le norme stabilite da altri atti giuridici dell’Unione che disciplinano ulteriori aspetti della prestazione di servizi intermediari nel mercato interno o che precisano e integrano il presente regolamento, in particolare i seguenti atti […]
g) diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati personali, in particolare il regolamento (UE) 2016/679 e la direttiva 2002/58/CE».
Dunque, il DSA richiama al rispetto della direttiva Copyright e le verifiche avverranno anche sul rispetto di quella norma, ormai recepita e adottata dalla maggior parte degli Stati Membri. Anche dall’Italia.
E nel “considerando” numero 12 del testo del Digital Service Act viene specificata la definizione di “contenuto illegale” che, dunque, le piattaforme digitali dovrebbero immediatamente rimuovere in caso di pubblicazione:
«Per conseguire l’obiettivo di garantire un ambiente online sicuro, prevedibile e affidabile, ai fini del presente regolamento il concetto di «contenuto illegale» dovrebbe rispecchiare ampiamente le norme vigenti nell’ambiente offline. In particolare, il concetto di «contenuto illegale» dovrebbe essere definito in senso lato per coprire anche le informazioni riguardanti i contenuti, i prodotti, i servizi e le attività illegali. Tale concetto dovrebbe, in particolare, intendersi riferito alle informazioni, indipendentemente dalla loro forma, che ai sensi del diritto applicabile sono di per sé illegali, quali l’illecito incitamento all’odio o i contenuti terroristici illegali e i contenuti discriminatori illegali, o che le norme applicabili rendono illegali in considerazione del fatto che riguardano attività illegali. Tra queste figurano, a titolo illustrativo, la condivisione di immagini che ritraggono abusi sessuali su minori, la condivisione non consensuale illegale di immagini private, il cyberstalking (pedinamento informatico), la vendita di prodotti non conformi o contraffatti, la vendita di prodotti o la prestazione di servizi in violazione della normativa sulla tutela dei consumatori, l’utilizzo non autorizzato di materiale protetto dal diritto d’autore, l’offerta illegale di servizi ricettivi o la vendita illegale di animali vivi. Per contro, un video di un testimone oculare di un potenziale reato non dovrebbe essere considerato un contenuto illegale per il solo motivo di mostrare un atto illecito quando la registrazione o la diffusione di tale video al pubblico non è illegale ai sensi del diritto nazionale o dell’Unione. A tale riguardo è irrilevante che l’illegalità delle informazioni o delle attività sia sancita dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale conforme al diritto dell’Unione e quale sia la natura esatta o l’oggetto preciso della legge in questione».
All’interno del mare magnum delle definizioni di “contenuto illegale”, dunque, c’è anche l’esplicito riferimento all’utilizzo non autorizzato di materiale protetto dal diritto d’autore. Così come definito all’interno dell’articolo 17 delle Direttiva Copyright.
Tre indizi fanno una prova?
Dunque, come spiegato all’inizio, sembra sia in atto un tentativo di modificare (o far saltare il banco) il rapporto Twitter-DSA. Perché il Digital Service Act diventerà effettivo – ovvero “nei suoi effetti” – tra qualche settimana. A partire dal 25 agosto, infatti, la Commissione opererà i controlli sulle piattaforme affinché tutto sia in linea con quanto prescritto dalla normativa. E il social di Elon Musk, dopo aver abbandonato il Codice di condotta UE contro la disinformazione, ora è alle prese con una causa per violazione (continua) del diritto d’autore. In questo caso legato al mercato musicale. E se tutto ciò dovesse andare avanti, Twitter rischia di non poter operare più nel Vecchio Continente. Ma a Musk non sembra dispiacere questa ipotesi.
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