Sigilli alla Casa di riposo di Alice Superiore
Val di Chy
I carabinieri di Ivrea sono arrivati poco dopo le sette del mattino. In mano, un provvedimento di sequestro emesso dalla Procura di Ivrea: immobile sotto sequestro, 25 anziani devono lasciare la struttura. Attorno alle 17.30 anche l’ultimo ospite è stato ricollocato nelle realtà assistenziali della zona con disponibilità di posti liberi, dopo di che alla casa di riposo Don Michele Manfredi sono stati apposti i sigilli per la mancanza delle necessarie autorizzazioni, di cui sarebbe completamente priva. Tra le accuse formulate, la mancanza delle figure apicali (direttore sanitario) e la somministrazione di farmaci in assenza di personale medico, in violazione del Testo unico sanitario. Due le denunce a piede libero per esercizio abusivo della professione e rifiuto di atti di ufficio.
Ieri mattina, le prime indiscrezioni sono cominciate a trapelare proprio quando sono partite le telefonate alle famiglie.
È chiusa da ieri, giovedì 22, la realtà di via Gedda diventata famosa durante il Covid per i 45 giorni di autoisolamento con i quali il personale aveva scelto di proteggere gli assistiti annullandosi ai contatti con il mondo esterno. Fondata più di 100 anni fa, la casa di riposo fa capo alla Fondazione Don Michele Manfredi guidata dal cda, autonomo, espressione del Comune e della Curia, con Davide Mancuso attuale presidente in carica. Il personale (una dozzina di operatori tra infermieri, Oss, addetti ai servizi generali) arriva invece dalla cooperativa Synesis di Biella. La Procura contesta irregolarità riconducibili in estrema sintesi alla mancanza delle autorizzazioni obbligatorie. Come parrebbe, per esempio, l’assenza di un’infermiera fissa H24, viceversa richiesta per legge nel caso delle Residenze sanitarie assistenziali, le Rsa. «Ma infatti noi non siamo una Rsa, presso la Regione ci stiamo accreditando come Residenza assistenziale (Ra), non per caso ospitiamo solo anziani autosufficienti e parzialmente non autosufficienti»: dice il presidente Ferruccio Ferrero, che ha annunciato di voler impugnare il provvedimento. Diego Targhetta Dur, ieri in Toscana per ragioni di lavoro, come membro del cda della Fondazione ha dichiarato che «sarà importante nei prossimi giorni incontrare le famiglie, gli operatori, la comunità, per ora siamo allibiti e profondamente amareggiati. Speriamo in un margine per riaprire in tempi brevi, è un augurio che mi faccio non conoscendo tecnicamente la materia, ma pensando a ospiti e lavoratori». Una giornata che difficilmente dimenticheranno, ad Alice, a cui nemmeno il sindaco Michele Gedda ha voluto aggiungere nulla, liquidando la questione con un laconico no comment. Tutto questo è avvenuto in un clima «surreale – aggiunge Ferrero – per cui a essere state “sradicate” da quella che considerano casa loro sono state persone di 80-90 anni, il personale era senza parole, per fortuna le famiglie hanno dato prova di grande vicinanza e affetto».
Il procedimento di ieri mattina è scaturito da un’ispezione dei Nas di Torino avvenuto a novembre 2021. Ispezione a cui sarebbe seguito un ulteriore sopralluogo ad aprile di quest’anno, con l’Asl/To4. Non essendo scattato allora un provvedimento amministrativo, sarebbe scattato ora quello di natura giudiziaria in capo alla Procura. «Il fatto che questo provvedimento faccia riferimento alle Rsa è un errore». Paradossale poi, ancora Ferrero, «è che quello che ci viene contestato oggi - adempimenti amministrativi che mai ci sono stati contestati dai controlli periodici a cui strutture come queste sono regolarmente sottoposte - arrivi di punto in bianco da un’ispezione di un anno e mezzo fa, senza che ci sia stata data la possibilità di sanare o intervenire per tempo. Se era tanto grave perché darle seguito solo oggi?».