Fra attese e casi gravi: una giornata al Pronto soccorso di Udine con i medici esterni
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foto da Quotidiani locali
UDINE. A metà mattina la sala d’attesa del Pronto soccorso di Udine non è ancora piena, ma quando iniziano ad arrivare i casi gravi, i tempi si allungano. Le sirene delle ambulanze si fanno sentire e questo già fa immaginare che si tratti di un paziente che ha necessità immediata di essere visitato, magari anziani con complessità assistenziale importante.
Gli altri attendono in tranquillità o dando in escandescenza. «Sono persone – precisa il direttore del Pronto soccorso dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc), Mario Calci – esasperate, arrivano così forse perché non hanno trovato una risposta sul territorio. Molte aggressioni sono favorite proprio da questi atteggiamenti».
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Da pochi giorni nel pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine operano i medici della cooperativa Amaltea di Vercelli, impegnati nella gestione de i codici minori
Il racconto
La sala d’attesa non è molto affollata, la prima figura che incontriamo è l’infermiere alle prese con un triage. Da lì i pazienti seguono percorsi separati. Oltrepassando l’accesso i più gravi vengono accompagnati verso i corridoi, mentre dall’altra parte sono stati allestiti i due ambulatori che accolgono i casi meno gravi, con tanto di sala d’attesa dedicata. Un medico è al lavoro e pare essersi già adattato ai protocolli aziendali.
Non si tratta di medici gettonisti, bensì di professionisti impegnati per i prossimi sei mesi al fianco del personale aziendale. Si occupano dei pazienti classificati in codice bianco che rappresentando quasi la metà degli accessi inappropriati al pronto soccorso.
L’esternalizzazione del servizio, che come già detto prevede la separazione dei percorsi, consente di ridurre le attese soprattutto a chi non presenta urgenze.
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Da sempre chi arriva in ambulanza o con mezzi propri, in codice rosso o giallo, ha la priorità. In Pronto soccorso sono diversi i pazienti con la flebo attaccata, già sottoposti ai primi accertamenti dal personale del 118. Loro non aspettano, entrano accompagnati dai sanitari e nemmeno si accorgono del tempo che scorre.
C’è, poi, un’altra fascia di utenti che bussa alle porte del pronto soccorso, aperto 24 ore su 24 e sempre pronto a dare una risposta. Ma in questo caso bisogna attendere. Nella sala d’attesa silenziosa ci sono parenti che aspettano notizie dei propri cari non gravi i quali, a loro, volta, aspettano di essere chiamati per una visita. Visite a volte non necessarie, per problemi che dovrebbero trovare risposte attraverso l’assistenza territoriale.
Ma c’è chi si fa prendere dal panico, chi non trova al telefono il proprio medico di famiglia e chi chiama invano la guardia medica. A quel punto il rifugio sicuro è il pronto soccorso.
Il nuovo modello
«Il nuovo modello prevede la presenza del medico nell’arco delle 24 ore e di un infermieri nei turni a maggiore afflusso – spiega il direttore –. Almeno sei medici si turnano, mentre l’infermiere è interno al nostro reparto. Nella fase di avvio i medici vengono impiegati solo nelle fasce diurne sulle 12 ore, ma entro fine di luglio questo impegno sarà ampliato sull’intera giornata».
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Questo modello non resterà prerogativa di Udine, sarà esportato anche negli altri ospedali dell’Asufc: «Stiamo lavorando per avviare, sulle 12 ore, questa modalità negli ospedali di Palmanova e San Daniele. In questo modo non avremo bisogno di ricorrere ai medici gettonisti presenti a Palmanova” afferma il direttore sanitario di Asufc, David Turello, nel far notare che la presenza degli ambulatori per i cadici minori, garantisce ai pazienti più gravi di essere seguiti dai professionisti interni, perché le oro competenze si devono concentrare sulle patologie più importanti.
Non è un dettaglio di poco conto se si considera che il Friuli ha un’alta percentuale di persone affette da più patologie costrette, spesso, a ricorrono al Pronto soccorso e, purtroppo, si ritrovano a rimanere su una barelle per ore e ore. Con il nuovo modello si vuole mettere al riparo anche i pazienti più fragili. —