A Padova c’era una volta il cinema. Sulla carta, al posto delle sale chiuse case, garage e ristoranti
Quando si spengono le luci e il buio avvolge la sala, non resta che salutare per sempre la magia del cinema. È doloroso, ma ineluttabile se pensiamo che negli anni Venti in città c’erano 40 sale cinematografiche, nel 1980 se ne contavano 27 ed oggi ne restano appena tre: il Lux a Santa Croce, l’Astra all’Arcella e il Porto Astra alla Guizza.
Quest’ultimo sta combattendo con le unghie e con i denti per la sua sopravvivenza. Per ogni cinema chiuso si è aperto un buco nero in città e dall’inizio degli anni Duemila è stata una débacle: il primo a cadere nel buio è stato il Mignon in via Cassan, a stretto giro il vicino Altino in via Altinate, poi il Biri alla Stanga, il Concordi in via San Martino e Solferino e, ultimo in ordine di tempo, l’Mpx in via Bomporti.
Che ne sarà di loro? Potrebbe esserci all’orizzonte una seconda vita, dal sapore di rinascita per l’intera città.
La crisi
Tutto parte dalla profonda crisi del grande schermo. Negli anni Duemila è arrivata la feroce concorrenza delle piattaforme come Sky, Netflix, Disney e così via: con due biglietti si paga l’abbonamento mensile e non serve neanche alzarsi dal divano. Poi il Covid ha dato un’altra mazzata: tutti chiusi e le programmazioni a data da definirsi. Una fetta di spettatori si è persa e non è più tornata. Infine l’anno scorso sono esplose le utenze, tanto che bollette di 20-30 mila euro sono passate a più di 60 mila euro. Mentre gli incassi dimezzavano e alcuni spettacoli registravano 4-5 persone in sale da 500.
«Padova ha una situazione abbastanza particolare», spiega Massimo Lazzeri, presidente Anec Triveneto cinema. «Malgrado sia una delle più importanti città universitarie, spariscono i cinema. In centro non ce ne sono più e questo ha dell’incredibile. Tanto più che, dopo l’ondata del Covid e quella delle bollette, le performance delle sale si stanno riprendendo piuttosto bene. Durante la pandemia abbiamo perso in generale – e Padova non si discosta da questa analisi – il 50% degli spettatori. Ad oggi la fetta dei giovani e, più in generale, gli under 40, sono tornati, ma preferiscono i cinema grandi, come – a Padova – il multisala di Limena. Purtroppo non abbiamo ancora recuperato il pubblico più impegnato, quello degli over 50, che è tornato in sala per il 25%. In parte hanno perso l’abitudine, in parte hanno trovato altri meccanismi di socialità, ma siamo fiduciosi e contiamo di recuperarli entro l’anno prossimo. Personalmente invito la politica, in particolare proprio i Comuni, a non abbandonare i cinema nelle loro città. Vanno tutelati perché sono luoghi di cultura e di socialità: perdere una sala significa inaridire il tessuto della comunità. Lo stanno capendo anche le piattaforme, Netflix a parte che è un po’ refrattaria, hanno intuito che senza la vetrina del cinema, tutto diventa un unico calderone e ci perdiamo tutti».
Le rigenerazioni
Tra ristoranti, appartamenti, garage, i progetti di recupero degli ex cinema ci sono. Altino e Mignon sono due parti di un unico progetto a firma francese. Il gruppo d’oltralpe è ancora in trattative con i proprietari, la società Veneto Industrie Spettacolo, ovvero la famiglia Bastianello, quelli della grande distribuzione del gruppo Pam.
I due cinema sono stati dismessi tra il 2003 e il 2005, da allora si è affacciato qualche imprenditore interessato, ma questa sembra essere la proposta più forte. In ballo ci sono 4 milioni di euro per l’acquisto dello stabile, più altri 2 milioni per recuperare la sala Mignon ad uso culturale, probabilmente proprio una sala cinematografica.
L’offerta infatti è stata pensata per il contesto generale con il centro culturale San Gaetano, il conservatorio Pollini e la vicina Piazza Eremitani. Un’altra famiglia padovana, gli Stimamiglio, gli storici imprenditori delle Officine meccaniche Stanga, proprietari degli ex cinema Concordi – attraverso la società Concordia srl – e del Biri in via Grassi, sono all’opera.
Al Concordi sono proprio gli Stimamiglio ad aver cominciato una rigenerazione che prevede un bar-ristorante al piano terra, alcune abitazioni ai piani alti (negli appartamenti già esistenti) e la realizzazione di un parcheggio interrato a servizio delle attività dell’edificio, in piena zona a traffico limitato. C’è un progetto depositato a Palazzo Moroni che trova l’apprezzamento dell’amministrazione.
Ma gli Stimamiglio hanno intenzione di riconvertire anche l’ex Biri della Stanga. Anche qui pensano ad un ristorante, però la sala è vincolata dalla Soprintendenza perché un’architettura del Novecento e dunque la pratica non è facilissima. E infine anche rispetto all’Mpx, che fa capo al Centro padovano della comunicazione sociale, legato alla Diocesi, qualcosa si muove. Pare infatti che potrebbero trasferirsi nelle sue sale gli studenti di musica del conservatorio Pollini, da molto tempo alla ricerca di spazi in attesa che sia ristrutturata la sede storica di via Cassan o – ancora meglio – realizzata la casa della musica di cui si parla da anni.