Il lavoro che c'è
Dieci anni fa le persone in cerca di un’occupazione erano il 12 per cento della forza lavoro totale. Un livello altissimo. E tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni il tasso sfondava quota 42 per cento. Oggi per fortuna la situazione è molto migliorata e la disoccupazione viaggia intorno al 7,6 per cento, mentre tra i giovani si attesta al 21. Livelli ancora alti ma non lontani dalla media europea del 6,5 per cento. La discesa del numero di disoccupati è dovuta al forte recupero dell’occupazione dopo le due cadute registrate tra il 2008 e il 2013 e tra il 2019 e il 2020. Una tendenza alla crescita che continua anche quest’anno. E si accompagna alla scarsità di giovani che si affacciano sul mercato del lavoro provocata dall’invecchiamento della popolazione.
Il risultato è che le aziende non solo continuano ad assumere, ma fanno anche fatica a trovare alcune figure professionali. Come ha ricordato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sarebbero circa due milioni le posizioni lavorative che le imprese non riescono a coprire. La fotografia più nitida sulle tendenze del mercato del lavoro viene fornita periodicamente dal Bollettino del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, che elabora le previsioni occupazionali di un panel di quasi 100 mila imprese.
Gli ultimi dati, resi noti ai primi di luglio, mostrano che da qui a settembre le aziende italiane programmano 1,5 milioni di assunzioni, 197 mila in più rispetto allo stesso trimestre di un anno fa. Più o meno un quinto delle posizioni verrà coperto da lavoratori stranieri. A incontrare le maggiori difficoltà a trovare il personale sono le imprese della metallurgia e dei prodotti in metallo (il 61,5 per cento dei profili ricercati è di difficile reperimento) seguite da aziende delle costruzioni, meccatronica, legno-mobile, moda e turismo. In particolare. il Borsino Excelsior per il gruppo delle professioni intellettuali, scientifiche e a elevata specializzazione segnala difficoltà elevate per gli ingegneri e per gli analisti e specialisti nella progettazione di «app». All’altro capo della gerarchia aziendale, fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica e addetti alle rifiniture delle costruzioni sono invece le figure quasi introvabili tra gli operai specializzati, insieme agli addetti alle macchine automatiche e semiautomatiche per lavorazioni metalliche e i guidatori di veicoli a motore.Un’altra fonte utile per capire quali siano i lavori più richiesti è costituita dalle società ricerca del personale. Sul portale italiano di Adecco, la maggiore agenzia del settore in Europa, sono disponibili circa 10 mila offerte.
Circa il 25 per cento delle professionalità richieste sono operai generici e specializzati. Ma molte riguardano gli ingegneri, dall’impiantistica alla ricerca e sviluppo. Ricercate anche le persone con competenze in ambito finanziario e di contabilità, progettisti, designer, manutentori e sviluppatori. Così come sale la richiesta di lavoratori a contatto con il pubblico, dalla forza vendite fino agli addetti ai servizi. Nei prossimi giorni Adecco pubblicherà uno studio sul «Lavoro dei sogni» che mette in luce come sono cambiate rispetto a dieci anni fa le opinioni degli italiani in merito alle professioni più desiderate. I risultati, come può anticipare Panorama, mostrano una progressione molto importante nell’interesse verso professioni sanitarie e, in generale, quelle legate al benessere psicofisico. Ne sono esempi l’interesse verso la professione del medico che cresce dell’85 per cento, o quello verso lo psicologo, più 148 per cento.
Alcuni impieghi risentono in positivo dell’andamento del settore di riferimento: come il real estate, con l’interesse verso la professione di agente immobiliare che sale dell’87 per cento, e quello del settore tech, dove il programmatore cresce del 36 per cento. Linkedin, il social network dei professionisti, ha stilato invece la lista delle professioni la cui domanda è aumentata più velocemente negli ultimi cinque anni. Al primo posto, l’addetto allo sviluppo commerciale: si occupa «di cercare potenziali nuovi clienti, proponendo prodotti che rispondano alle loro esigenze durante tutto il ciclo di vendita». Al secondo posto il manager della sostenibilità, la cui funzione è creare, supervisionare e implementare strategie di sostenibilità all’interno delle organizzazioni. Al terzo posto il cyber security analyst, responsabile della sicurezza informatica aziendale. In netta ascesa anche la richiesta di direttori di farmacia, di data engineer (o ingegneri dei dati), degli ingegneri del Cloud. Accanto al settore dei dati e dell’informatica, molta importanza nel prossimo futuro avrà l’energia. Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale, indica come professioni promettenti il consulente legale per l’energia, che si occupa di fornire consulenza strategica alle aziende in materia di politiche energetiche, pianificazione aziendale, modelli di business, acquisizioni e fusioni nel settore, nella gestione delle controversie e nella risoluzione dei conflitti.
Richiesti anche l’esperto in diritto delle energie rinnovabili e l’avvocato consulente in materia di energia. Allungando lo sguardo in avanti, il Sistema informativo Excelsior ha realizzato lo studio «I trend futuri del mercato del lavoro in Italia» per capire cosa succederà nel quinquennio 2023-2027. Secondo il rapporto, nei prossimi 5 anni le imprese e la pubblica amministrazione avranno bisogno, anche grazie al traino del Pnrr, di 3,8 milioni di lavoratori, il 72 per cento dei quali (2,7 milioni) sostituiranno gli occupati in uscita dal mercato del lavoro. Il restante 28 per cento della domanda «rappresenterà l’entrata di nuovi lavoratori determinata dall’espansione economica che si tradurrà in una crescita dello stock occupazionale di oltre un milione di persone».
Ma in quali settori sarà assunta la maggioranza di questi lavoratori? Commercio e turismo avranno un fabbisogno di oltre 750 mila unità, la filiera della salute richiederà 477 mila occupati, quella della formazione e cultura 436 mila, finanza e consulenza quasi 430 mila e costruzioni e infrastrutture 270 mila. Nel settore pubblico si prevede tra il 2023 e il 2027 un fabbisogno complessivo di 738 mila unità. Per la prima volta l’indagine stima i fabbisogni futuri a livello regionale. La Lombardia si conferma la regione che offre più lavoro con oltre 714 mila assunzioni previste nel quinquennio, seguita da Lazio (379 mila), Veneto (346 mila), Emilia Romagna (quasi 336 mila).
Lo studio individua tre tendenze: la prima è frutto dall’evoluzione demografica, con attività legate alla sanità e cura della persona. La seconda è la spinta alla digitalizzazione: la pandemia ha dato un impulso a tutti i settori ad alta intensità tecnologica, primo fra tutti quello dell’informatica e telecomunicazioni, per cui si prevede una crescita dello stock occupazionale dell’1 per cento annuo; la terza tendenza è legata alla transizione verde che costituisce uno degli elementi portanti dei finanziamenti legati al Pnrr e ha acquisito ulteriore importanza con lo scoppio della guerra in Ucraina. Di conseguenza nel prossimo quinquennio la domanda di lavoratori si concentrerà su profili di formazione secondaria superiore di tipo tecnico-professionale seguiti da personale con un livello di universitario o simile. Facciamo qualche esempio: secondo l’indagine le imprese e la pubblica amministrazione avranno bisogno di 248.400 specialisti della formazione e della ricerca, di 177.400 tecnici della salute e nelle scienze della vita, di 105.700 specialisti delle scienze gestionali, commerciali e bancarie, di 70.400 tecnici in campo ingegneristico. Ma anche di 283.500 impiegati addetti alle funzioni di segreteria e di ufficio, di 274.700 persone negli hotel e nella ristorazione, di 91.100 guidatori di veicoli a motore e di macchine agricole. Considerando nell’insieme gli indirizzi della formazione tecnico professionale, si stima che l’attuale offerta formativa complessiva potrebbe riuscire a soddisfare solo il 60 per cento della domanda potenziale nel prossimo quinquennio, con livelli di mancato incontro tra aziende e lavoratori più critici per trasporti e logistica, costruzioni, sistema moda, meccatronica, meccanica ed energia.
Tra i laureati, l’indagine prevede che risulterà più marcata la carenza di offerta nell’indirizzo medico-sanitario (mancheranno 12 mila laureati ogni anno), in quello economico-statistico (8 mila unità annue) e di lavoratori con un titolo nelle discipline Stem (science, technology, engineering and mathematics, 6 mila unità annue).