La denuncia della Cgil: «Decine di addetti in fuga da Previmedical»
Oltre ad essere finita più volte nel mirino dell’antitrust, per presunte violazioni dei diritti dei consumatori, l’ultimo caso risale a poche settimane fa, l’azienda trevigiana Previmedical, è anche al centro di un’annosa vertenza sindacale che potrebbe ben presto riaccendersi.
La realtà fondata e gestita da Roberto Favaretto, con sede a Preganziol, negli anni ha visto crescere progressivamente il suo ruolo nell’ambito dei servizi legati alla sanità integrativa.
E se da una parte migliaia di utenti, negli anni, hanno segnalato disservizi nelle procedure di rimborso delle prestazioni sanitarie attese, dall’altra sono anche i lavoratori del gruppo ad essere sul piede di guerra.
«Le condizioni di chi lavora per Previmedical peggiorano da anno in anno» commenta il segretario della Filcams Cgil Alberto Irone, «dal periodo della pandemia ad oggi decine di persone si sono dimesse. I ritardi nell’evasione delle pratiche sono dovuti anche a questa situazione, e non sono certo un alibi. Anzi.
Da più di due anni l’azienda rifiuta il confronto con i sindacati: c’è carenza di personale, ci sono situazioni di stress e da tempo chiediamo di aprire una trattativa per affrontare il tema dei carichi di lavoro, oltre che sulla gestione del fatturato e sul piano industriale del gruppo».
Tra fine 2019 e inizio 2020 i lavoratori organizzarono diverse manifestazioni, una fuori dai cancelli del polo Previmedical di via Forlanini a Preganziol e l’altra davanti al municipio. Poi è arrivata la pandemia ed è arrivata anche l’acquisizione di Rbm Salute da parte di Intesa Sanapaolo (con annessa battaglia legale).
Ma lo stato di agitazione proclamato dai sindacati nell’ottobre del 2019 non si è mai chiuso: «E siamo pronti» aggiunge Irone «a riaprire anche una fase di mobilitazione. Su 160 lavoratori sono ancora troppi quelli che ancora chiedono all’azienda che si faccia carico del corretto inquadramento contrattuale in relazione alle mansioni svolte».
Nel frattempo la società di controllo della famiglia Favaretto, Rbh, ha incassato dalla vendita di Rbm a Intesa Sanpaolo parecchi soldi: prima tranche nel 2020 da 325 milioni di euro e ultima da 360 milioni.
Quello della sanità integrativa è un settore che tira, anche come contrappunto dei servizi offerti dal sistema sanitario nazionale: ma il gioco vale la candela? «Forse va aperta una seria riflessione, se non un vero e proprio faro su questa situazione» conclude Irone «senza dubbio l’Agcm ha fatto bene a dare riscontro alle segnalazioni degli utenti, il sistema della contrattazione non può non tenere conto dell’esperienza d’uso di migliaia di lavoratori in relazione a queste forme di assistenza, e nemmeno ignorare le condizioni di lavoro di chi è chiamato ad erogare questi servizi. Quello sulla salute non deve essere un gioco al ribasso».