Claudio Zonta, gesuita e musicista «Canto la libertà di tutte le donne»
Si chiama "Shahida. Tracce di libertà" ed è il nuovo progetto musicale di Claudio Zonta, gesuita pavese, figlio del professor Franco Zonta, docente di Farmacologia e nipote del compianto professor Aris Zonta, storico primario di chirurgia al San Matteo.
Tre cd realizzati dal servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia (Centro Astalli) in collaborazione con Appaloosa Records, che sono l’incontro tra cantanti, musicisti, attori e scrittori di diverse provenienze e generi. Shahida è un nome di donna, che in arabo vuol dire testimone. Ed è anche il nome della giocatrice della nazionale di hockey del Pakistan morta lo scorso 26 febbraio nel naufragio al largo di Steccato di Cutro, dove hanno perso la vita 94 persone di cui 35 bambini.
«Shahida è il simbolo di tutte le donne che in questo momento si battono per la libertà, rischiando la vita in una piazza che protesta, pronunciando pubblicamente parole censurate, chiedendo uguaglianza e dignità e di tutte le donne migranti, rifugiate, che camminano lasciando tracce di libertà nel mondo – spiega Claudio Zonta – si è voluto sottolineare le difficoltà in cui le donne si imbattono nelle terre di origine da cui spesso sono costrette a scappare per non morire, come si può osservare dalle tante notizie drammatiche che provengono dall’Afghanistan o dall’Iran, per citare solo due esempi in cui anche i media pongono i riflettori».
Sono tanti i nomi pavesi che hanno a vario titolo collaborato al progetto. Innanzitutto, appunto, Claudio Zonta, insieme ad Andrea Parodi. Poi anche Paolo Pieretto, direttore artistico della linea di musica italiana della Maremmano Record. E Guido Tronconi, che ha effettuato il mixaggio finale della "compilation" nei suoi Downtown Studios. E, tra gli artisti, Beatrice Campisi, siciliana di origine ma ormai pavese di adozione, con Francesca Incudine. Tre cd, oltre cento canzoni con altrettanti musicisti coinvolti nel progetto.
Antonella Ruggiero reinterpreta il celebre brano di Battiato «Povera patria», insieme a Oleksandr Iarmola, per opporsi alla guerra in Ucraina. La musica, inoltre, entra nel carcere femminile di Pozzuoli, dove la cantautrice napoletana Marilena Vitale dialoga con una detenuta della Tanzania. E poi Michele Gazich, con il brano "Maltamè", fa risuonare il suo violino con il violoncello di Giovanna Famulari. Non ci sono solo canzoni. I brani si alternano a testi recitati da Flavio Insinna, Anna Foglietta, David Riondino, Ascanio Celestini, la poetessa Ana Varela Tafur.
«Tre cd di musica eterogenea -prosegue Zonta- si va dal rap di Amir Issaa, che ha vissuto le leggi della strada delle periferie attraverso la musica rap, hip-hop e persiana. Io suono un paio di pezzi, uno con la chitarra e un altro con la chitarra barocca».
Claudio Zonta è un personaggio a 360 gradi. Non ha raccolto l'eredità del padre e dello zio sul fronte della Medicina, ma ha cercato di riunire le sue passioni trovando un filo comune a tutto. Laureato in lettere classiche, ha ottenuto l'abilitazione all'insegnamento e per quattro anni è stato bibliotecario al Collegio Borromeo. Contemporaneamente si è formato al Conservatorio Vittadini in musica barocca. Nel 2007 ha iniziato il suo lungo cammino da gesuita: noviziato a Genova, filosofia a Padova, l'impegno a Roma al Centro Astalli, quindi il primo ciclo teologico a Madrid e due anni a Scampia per conseguire la licenza in teologia biblica. E' stato ordinato sacerdote nel 2016 a Roma. Attualmente insegna italiano e latino all'Istituto Massimiliano Massimo della capitale.
Tra pochi giorni partirà per la Repubblica Dominicana e poi per Cuba, dove starà sei mesi e concluderà la sua formazione da gesuita, con gli ultimi voti. Daniela Scherrer