Forgialluminio, tagli in vista a Pedavena e ripresa post ferie incerta
Calano i volumi e la ripresa post ferie si annuncia incerta. È così anche Forgialluminio sceglie la via più semplice, cioè non rinnovare alcuni contratti a termine lasciando a casa lavoratori e lavoratrici informati con un messaggino sul telefono dall’agenzia interinale che fa da intermediario in questi contratti in somministrazione. Modalità che suscitano la dura critica della Fiom Cgil di Belluno che vede ripetersi un rituale che in altre occasioni ha visto protagoniste altre aziende del settore metalmeccanico bellunese come la Epta Costan, la Vivendum di Feltre o alla Hydro.
Le notizie di cui è in possesso la Fiom parlano di almeno tre lavoratrici: «Una di queste donne ha più di 55 anni, ha un passato di lavoro precario», spiega Stefano Bona, segretario provinciale Fiom Cgil, era alla Forgialluminio già da venti mesi e aveva buone aspettative di ottenere un contratto a tempo indeterminato. Ora dovrà nuovamente rivedere i propri programmi e le prospettive di vita. È una triste storia che si ripete. Quel che conta alla fine sono le contabilità aziendali, il fatturato, gli utili e il contenimento dei costi che guarda caso sono sempre riferiti al personale».
Bona parla di strategia miope: «Una persona che lavora da un anno e mezzo ha evidentemente già maturato le competenze per le quali era stata assunta. Lasciarla a casa non ha senso, non si valorizzano le professionalità, non si crea una fidelizzazione con il lavoratore e la precarietà non fa aumentare la produttività».
Secondo Bona, quella dei contratti a termine è una politica fallimentare: «Basta che nel settore si registri una lieve flessione e i lavoratori precari sono i primi a pagare. Tra l’altro la Forgialluminio ha lavorato finora a pieno regime e non ha fatto uso di cassa integrazione. La situazione poteva essere gestita meglio. Sono amareggiato. Almeno ci venga risparmiata la narrazione che le aziende non trovano collaboratori, che i giovani non vogliono lavorare o le favole delle politiche attive del lavoro, i corsi di formazione e tutto il resto».
Il segretario della Fiom Cgil di Belluno fa una analisi del mercato del lavoro in Italia: «Nella precarietà vivono tre milioni di lavoratori e da oltre vent’anni si interviene sempre nella stessa direzione nonostante sia ormai evidente che questa strategia è fallimentare come sostengono gli studi non della Cgil, bensì della Banca d’Italia e del Fondo monetario internazionale che dicono che gli interventi di liberalizzazione del mercato del lavoro non hanno aumentato né l’occupazione, né la produttività e hanno invece causato l’abbassamento dei salari. La vicenda della crisi di Acc Wanbao con i lavoratori rifiutati perché troppo vecchi evidentemente non ha insegnato niente».