Il basket mantovano piange Paolo Morelli: «Allenatore di sentimento»
Stroncato a 62 anni dalla malattia ha dedicato tutta la vita allo sport. Dal Bancole al San Pio X ha formato generazioni di atleti: «Cuore grande»
Il basket era la sua casa. Una casa affollata di affetti, dove oggi nessuno riesce a coniugare i verbi al passato per raccontare di Paolo Morelli, morto a 62 anni dopo una malattia breve e aggressiva. Non ci riesce Diego Cavalli, presidente dell’associazione San Pio X, e non ce la fa nemmeno Maria Grazia “Chacha” Palmieri, regina del minibasket mantovano. Per loro Paolo è e sarà ancora.
Una vita sul campo, quella di Morelli, che aveva iniziato da giocatore per poi dedicarsi all’allenamento: in trentacinque anni ha formato generazioni di atleti, educandoli anche all’esercizio della vita, con le sue relazioni, gli scambi veloci e le finte. L’istinto e la strategia. «Una persona buona» ripetono Cavalli e Chacha calcando l’emozione sullo stesso aggettivo.
Una persona dal cuore generoso, animato dall’altruismo e mosso da una concezione sociale del basket. Nato all’ombra del campanile della chiesa di Bancole, qui Morelli aveva iniziato a muovere i primi passi, quando il basket era svago, impegno e collante. E qui aveva continuato a lungo. Ricorda Palmieri la stagione d’oro di Roberto Gardusi presidente e Giovanni Matoti dirigente, sostenuti da una vivace squadra di allenatori.
Morelli aveva deciso d’interrompere la carriera da giocatore a 27 anni, «anche se le sue qualità tecniche e fisiche gli avrebbe consentito benissimo di continuare» annota Chacha. Alla fine degli anni Novanta l’allora presidente Adelelmo Lodi Rizzini l’aveva chiamato ad allenare la prima squadra di Mantova, poi sarebbero arrivati tanti altri incarichi, per preparare sia i senior sia le giovanili. Morelli aveva contributo anche al successo del San Giorgio nel basket femminile.
Negli ultimi anni al San Pio X si era concentrato sugli under 17 e aveva messo la sua sensibilità al servizio del progetto “Blu basket”, rivolto ai ragazzi con autismo. Durante l’ultima stagione aveva allenato anche la prima squadra del Sustinente e ha continuato a frequentare i campi fino a giugno, nonostante i morsi della malattia.
I primi sintomi l’avevano aggredito una decina di mesi fa, allargando una macchia sul suo futuro. Ormai libero dal lavoro in fabbrica, Morelli avrebbe potuto dedicarsi allo sport secondo i suoi tempi e il suo desidero. L’ha fatto fino all’ultimo respiro.