Il geologo Fenti: «I crolli sulle Dolomiti?  Il clima accelera lo sgretolamento della roccia»

Da Cima Roan, sopra Cibiana, sono caduti alcuni massi enormi che hanno travolto anche gli alberi che incrociavano nel loro transito. «Per fortuna si sono fermati lungo il percorso, uno nella vasca di contenimento a valle, fino ad occuparne buona parte; l’altro poco sopra, in uno spiazzo», informa il consigliere comunale Mauro Puppulin, dopo la seconda ricognizione, compiuta ieri, al sito del crollo della frana da mille camion di materiale. Il sindaco di Cibiana, Mattia Gosetti, si sta adoperando per accelerare l’urgente intervento di bonifica e di messa in sicurezza.

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Il geologo Vittorio Fenti ha studiato il Monte Rite per buona parte dei suoi 50 anni di attività. «Nessuna sorpresa che pezzi di questa come di altre montagne stiano crollando. L’hanno sempre fatto. E per fortuna che è accaduto: le bellissime Dolomiti sono il risultato di questa evoluzione». La novità qual è, dunque? «Che determinati cambiamenti climatici hanno accelerato lo “sgretolamento” delle nostre care montagne», risponde Fenti.

L’esperto cita in particolare due acceleratori: le precipitazioni sovrabbondanti, contenute nel tempo, quindi violente, e il riscaldamento, cioè le temperature sempre più alte anche in quota, lo zero termico che schizza ad oltre 1500 metri sopra le cime dolomitiche, quindi il permafrost che si scioglie. «Sono, anzi ero un appassionato arrampicatore o alpinista. Bene, non è di oggi, ma da tempo ho riscontrato, nelle mie ascese, che il permafrost si scioglie di anno in anno; che l’acqua non ghiaccia più, non fa da collante fra le rocce; insomma che la montagna in tanti posti è marcia».

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Un esempio? La Cima De Gasperi sulla Civetta. Oppure anche la Carlesso, sulla stessa parete della Civetta, dall’altra parte della De Gasperi. Fenti ricorda il «crollo pazzesco» che c’è stato nel 2014 in Val Biois, quando 10 milioni di metri cubi si staccarono dal Sassedel, sopra Falcade, alle spalle della Baita dei Cacciatori. «Vennero giù massi da mille metri cubi l’uno. Eppure quella montagna non si muoveva da secoli, forse da millenni». Come dire che i “sassi” precipitati da Cima Roana, sopra Cibiana, non sono appunto che “piccoli sassi”.

Ma a Cibiana – facciamo presente a Fenti – hanno la paura che possano rotolare ancora a valle, fino ad intercettare la strada 347. «È vero, vanno messi in sicurezza», afferma il geologo. «Come, d’altra parte, vanno bonificati i versanti di una delle strade più a rischio, la provinciale 251 da Longarone alla Val di Zoldo. Da queste parti ho certificato almeno tra 20 e 30 punti di caduta».

Restando sintonizzato su questa lunghezza d’onda, Fenti ce ne ha anche per l’Agordino. «Dire che le pareti lungo la strada 203 possono ritenersi ora in sicurezza è quanto meno un azzardo. Lo sanno tutti, almeno i residenti, che basta una pioggia più prepotente delle altre per far scivolare a valle dei sassi». Dunque più reti di protezione ancora? «No, ci vuole una soluzione radicale. Ancora 15 anni fa suggerii di trasferire la strada da sotto la roccia al letto del Piave, proteggendola con una grande scogliera o costruendola in sopraelevata. A pericoli radicali bisogna rispondere con soluzioni altrettanto radicali».

Ma questa logica che cosa potrebbe significare per Cibiana? «Anzitutto che sotto quelle pareti non bisogna andare. Come è saggio non frequentare il sentiero sotto le “cadute” della Civetta. Quando si cammina in montagna», consiglia Fenti, «occorre stare attenti dove si mette il piede, ma anche alzare la testa, per scrutare che cosa può cadere dall’alto».

La parete sud della Marmolada è una palestra così frequentata perché la roccia è calcarea, quindi dura, affidabile. «Ma ai piedi ci sono dei ghiaioni, quindi vuol dire che da lassù continuano a piovere sassi. Quindi prudenza massima».

Anche perché può succedere quello che è già presente sotto il Rite, a Cibiana. «C’è una faglia ai piedi di questa montagna, da Forcella Cibiana fin dentro la parete. Che da sempre sta rendendo fragile la situazione, in particolare la massa rocciosa sovrastante. Un supplemento di attenzione è doveroso. Qui come altrove».