Impronte di dinosauri scoperte sul Tamer da due geologi agordini
L’Università di Firenze ha collaborato all’identificazione: si tratta di teropodi, carnivori bipedi
Due nuove tracce della presenza dei dinosauri sulle Dolomiti agordine-zoldane? Se lo sono chiesto in questi giorni due geologi, che nel corso di un’escursione sul Monte Tamer (La Valle Agordina, catena del San Sebastiano), poco fuori dal sentiero che conduce in vetta (2550 metri) hanno individuato un masso di Dolomia Principale con due impronte, entrambe di circa 15-20 cm di lunghezza.
La prima, identificata da Danilo Giordano, era visibile anche da lontano perché in leggera ombra; la seconda è stata rinvenuta da Marco Mottes, quando si è avvicinato e ha proiettato la sua ombra sulla superficie del masso.
Come è noto, dopo l’importante scoperta delle impronte di dinosauro sul masso del Pelmetto da parte di Vittorino Cazzetta (1947-1997, il famoso scopritore dell’Uomo di Mondeval), i ritrovamenti si sono susseguiti in diverse zone delle Dolomiti (Tre Cime, Moiazza, Val Pegolèra, Mondeval…), ma come dicono Giordano e Mottes «è comunque sempre un’emozione ritrovare le tracce dei grandi rettili che hanno dominato il pianeta per un’intera Era Geologica, specialmente per i geologi».
Pur presi dall’entusiasmo, ma con rigore scientifico, i due hanno deciso di interpellare un vero esperto di tracce fossili, il professor Matteo Belvedere dell’Università di Firenze, specializzato proprio in impronte fossili, il quale, con gentile disponibilità, ha rielaborato le immagini fornite e ha potuto realizzare un modello in 3D.
«L’esame», precisano Giordano e Mottes, «ha permesso di concludere che l’impronta di sinistra, anche se più profonda e rotondeggiante, sembra comunque essere tridattila col terzo dito (quello centrale) chiuso dal collasso delle pareti, ma è solo una considerazione dettata dall’esperienza vista la qualità non buona dell’impronta. Anche l'altra, che si presenta decisamente meno profonda, è molto probabilmente tridattila. Le impronte tridattile sono tipiche dei teropodi, dinosauri carnivori bipedi».
«Poiché non è affatto facile collegare l’orma lasciata da un animale alla specie che l’ha prodotta», fanno osservare ancora i due scopritori del masso sul Tamer, «i paleontologi hanno preferito far riferimento a due diverse classificazioni, una riguardante i fossili, l’altra gli icnofossili (l’icnologia si occupa dello studio di tutti i tipi di tracce). Con il termine generico di trackmaker si indica l’animale che ha lasciato un’orma, mentre l’icnogenere è il nome specifico della traccia».
Pur convinti dell’importanza e dell’interesse del loro ritrovamento, è questa la conclusione dei due geologi: «Le due orme nella scala di valutazione della qualità delle impronte che va da 0 a 3 ed è stata proposta nel 2016 proprio dal professor Belvedere (assieme ad altri studiosi), hanno valori molto bassi (0-0,5) che non permettono assolutamente di identificare né l’icnogenere, né tantomeno l’animale che le ha lasciate. L’unica cosa che si può dire è che si tratta di orme indeterminabili, ad ogni modo molto probabilmente dinosauriane».
L’entusiasmo, la curiosità e la serietà di Danilo Giordano e di Marco Mottes, pur nel dubbio della reale datazione delle due impronte rinvenute sul Tamer, è tale da far pensare che le loro ricerche non si fermeranno qui.