Padre e figlio pompieri a Padova: «Il lavoro di papà mi ha sempre affascinato. Ho coronato il sogno»
foto da Quotidiani locali
Ha trasmesso al figlio l’amore per il corpo dei vigili del fuoco, la passione per un lavoro al servizio degli altri, soprattutto di chi si trova in difficoltà e ha bisogno. E quel bambino diventato via via adulto è riuscito a coronare il sogno: ora è in servizio a fianco del papà, anche se in una squadra diversa, al comando di Padova.
Loro sono Roberto Verzotto di 58 anni e il figlio Giacomo di 28 anni che abitano a San Giorgio delle Pertiche.
«Roberto come è riuscito a trasmettere la passione per il lavoro di vigile del fuoco a suo figlio?»
«Tutte le sere quando tornavo dal lavoro e lui era un bambino, mi chiedeva com’era andata, cos’era successo e fantasticava con me su vari episodi. Sui fatti più tragici cercavo di soprassedere e ho iniziato a raccontarglieli quando era più cresciuto e maturo. Fare il pompiere era il suo sogno nel cassetto, è stato bravo e ci è riuscito. Questo per me non può che essere una soddisfazione».
«Parlate spesso del lavoro, di quello che vi capita durante il turno»?
«La competizione tra padre e figlio c’è sempre, in modo buono e propositivo ovviamente. Lui mi racconta e mi chiede se era meglio fare in questo modo e nell’altro. Capita che gli venga in mente qualche episodio che gli ho raccontato e che ora gli è capitato in modo analogo. Poi non mi raccontata tutto ovviamente. Il nostro è un lavoro di squadra, non sei mai da solo ad affrontare i problemi e lavora sempre con colleghi esperti e preparati che lo affiancano in caso di bisogno».
Giacomo è nato nel 1995 e da alcuni anni è in servizio a Padova, dove altri colleghi hanno il papà vigile del fuoco, ma in servizio entrambi in città sono solo loro.
«Giacomo come è nata la sua passione per il lavoro di papà?»
«Credo che tutti i bambini siano affascinati dai vigili del fuoco, dall’imponenza dei loro mezzi e dal fatto che salvino le persone. Qualche volta alla domenica papà mi faceva salire su un camion di servizio e io toccavo il cielo con un dito. I suo racconti mi sono sempre rimasti stampati sulla mente e sognavo di poter essere un giorno come lui. Di fare quello che faceva lui».
«Come è entrato in servizio?»
«Ho frequentato la scuola di Agraria e una volta diplomato mi sono arruolato nell’Esercito e sono finito nei Lagunari per 3 anni. Quindi è subito uscito un concorso e visto il mio ruolo nell’Esercito potevo godere dei posti riservati. Sono arrivato quasi subito a Padova».
«Com’è l’emozione di lavorare con papà quotidianamente e il confronto con lui sul lavoro»?
«Sono l’unico figlio di un pompiere che lavora assieme al papà e questa è una emozione pazzesca, indossare questa divisa per me è un motivo d’orgoglio. Qualche volta mi confronto con lui, ma non sempre. Intendo che non c’è un confronto automatico, ma solo per alcune cose».
«Come ha reagito ai primi interventi di lavoro tragici, anche con persone decedute?»
«Al corso che ho frequentato ti preparano ad affrontare situazioni tragiche, ovvio che trovarsi di fronte personalmente a persone che perdono la vita in un incidente stradale o magari in un incendio è cosa diversa e lo scopri quando ti succede. Comunque credo di aver reagito bene, bisogna sempre essere pronti ad ogni eventualità».