The easy skank, uniti dall’amore per il reggae e l’intramontabile Marley
foto da Quotidiani locali
Rivarolo Canavese
Davide Aiesi, 41 anni e parrucchiere di professione, ha formato nel 2015 un gruppo reggae, “The easy skank”, di cui è il frontman.
Qual è stato il percorso che l’ha portata verso questo progetto?
«Nonostante io abbia studiato ragioneria, per motivi familiari ho cominciato a fare il parrucchiere, anche mio padre lo era. Ho iniziato a suonare tra i 15 e i 16 anni e da lì ho continuato, è diventata una vera passione. Quando ero ragazzino avevo una chitarra a casa che avrei voluto provare a usare, e nel doposcuola c’era un insegnante che teneva un corso, così ho deciso di buttarmi, un po’ per gioco. In realtà mi è piaciuto fin da subito e ho cominciato a suonare con alcuni amici. Oggi posso dire che suonare e vedere chi mi ascolta divertirsi, mi soddisfa più di ogni altra cosa, mi spinge a continuare e cercare di migliorarmi sempre più. L’idea di fondare un gruppo è venuta da me con il chitarrista, un cliente del salone e amico, che mi ha proposto di fare un gruppo-tributo a Bob Marley. Da lì abbiamo trovato il bassista e il batterista, iniziando a suonare in quattro. Successivamente il progetto è andato bene e ora siamo in 10. Abbiamo cominciato nel 2015 e il nostro primo concerto è stato nel 2016 poi non ci siamo più fermati. Il nome del gruppo è diventato “The easy skank”, dall’unione dello skank, il ritmo della chitarra reggae, e della canzone “The easy skanking”».
Vi ritenete un gruppo affiatato?
«Siamo tutti amici del Canavese, ci conoscevamo già da prima di formare il gruppo, ma non avevamo mai suonato insieme. Ci è venuta la curiosità di provarci, avevamo la passione comune per Bob Marley e da lì siamo partiti. Il reggae all’inizio non era nelle nostre corde, perché venivamo tutti da una formazione blues, rock e hard rock. Il reggae lo devi avere dentro, nelle vene, è difficile da spiegare per chi non lo suona. Subito eravamo davvero in difficoltà, era qualcosa di diverso dalle nostre abitudini comuni. Tuttavia ci siamo messi d’impegno e abbiamo ottenuto dei bei risultati. Ci siamo trovati, ognuno con i suoi compiti e le sue caratteristiche».
C’è un concerto o un’occasione che ricordate con particolare soddisfazione?
«Il concerto più bello che abbiamo fatto è stato l’anno scorso in provincia di Bergamo, a Castione della Presolana, dove abbiamo suonato in un piccolo stadio con tantissime persone ad ascoltarci. È stato all’interno di una manifestazione organizzata da alcuni ragazzi del posto in memoria di un ragazzo venuto a mancare poco tempo prima. Ogni concerto, comunque, è una realtà è a sé. In tutte le situazioni ci siamo sempre divertiti moltissimo, sia davanti a centinaia di persone, che all’interno di un bar con poche decine».
C’è un particolare brano che vi rappresenta?
«“Redemption song”, un pezzo chitarra e voce, è un brano che mi tocca nel profondo. Per quanto riguarda il gruppo, sicuramente il finale dei nostri concerti con “Exodus” e “Could you be loved” dà il via libera a scatenarsi e a dare tutte le nostre energie, ed è sempre incredibile».
Qual è l’emozione più bella che si prova durante un concerto?
«Vedere la gente ballare e divertirsi spensierata. Di solito suoniamo per due ore e mezza e vedere che le persone ballano la musica di Bob Marley, venuto a mancare ormai nel 1981, è qualcosa che non ha prezzo, la sua è una musica che piace a tutti. L’unica pecca è poi dover smontare e montare continuamente l’impianto, ci va molta fatica ed è stancante, ma fa sicuramente parte del gioco».