Ciclista investita e uccisa a Milano, Francesca era cresciuta in Val Resia
RESIA. Il sorriso e la vitalità di Francesca Quaglia, la 28enne di Medicina (Bologna) travolta mortalmente da un autocarro, mentre, in sella alla bicicletta, sostava in attesa del semaforo verde, nel centro di Milano, avevano riempito spesso anche le estati friulane.
Ed è questo che, non appena la notizia del tragico incidente di martedì mattina è rimbalzata fin qui, nella terra dove il padre è nato e pure lei aveva trascorso i giorni più belli delle proprie vacanze, dall’infanzia in su, i tanti che la conoscevano hanno ricordato con addolorata incredulità.
Difficile, per la comunità di Resia, e per quella di Stolvizza in particolare, dove la famiglia ha conservato e sistemato la propria casa in montagna, convincersi che la ragazza che tanto entusiasmo mostrava a ogni ritorno, non ci sia più. E ancor di più accettare il fatto che a negarle un futuro possa essere stato un destino tanto crudele.
L’ultimo scampolo di ferie nella sua amata vallata resiana, ora che gli impegni di lavoro come traduttrice e copywriter freelance a Milano le avevano ridotto i margini di tempo libero, risale a poco più di un mese fa.
«La sua famiglia è molto legata al nostro territorio e la figlia ha trascorso qui diversi periodi, fin da quand’era bambina, costruendo e fortificando nel tempo le sue amicizie – conferma il sindaco di Resia, Anna Micelli –. Tutti la descrivono come una persona estremamente solare e piena di interessi e ora, di fronte a un fatto così assurdo, è difficile trovare parole di conforto per i genitori.
La nostra è una comunità piccola, ma che in momenti come questi a maggior ragione sa unirsi ed esprimere forte una vicinanza incondizionata».
Tra i più provati c’è il vicesindaco Giuliano Fiorini, che a Stolvizza abita e con papà Franco e mamma Nadia ha instaurato un rapporto di sincera amicizia. «Francesca provava un moto di piacere ogni volta in cui rientrava in Val Resia – racconta –. Era una persona molto affabile e non esitava a manifestarlo: per lei che arrivava e per noi che la accoglievamo, era sempre una festa».
Un’entusiasta, anche dopo che, finiti gli studi, aveva imboccato la strada professionale. «Mi ricordo ancora il suo ultimo abbraccio e la gioia con cui raccontava dell’esperienza in Svezia – continua Fiorini –. Le vacanze qui diventavano anche occasione per partecipare alla vita del paese insieme all’associazione Vivistolvizza».
D’estate, ma anche d’inverno, a Natale, spesso anche con gli zii Gigi, nel frattempo mancato, e Daria e le rispettive famiglie, entrambi fratelli del padre, arrotino, e a loro volta residenti fuori regione, ma proprietari di una propria casetta a Stolvizza.
«L’ho vista crescere: era l’amore dei suoi genitori ed è attorno a loro che tutti noi sentiamo ora l’esigenza di stringerci in un abbraccio commosso», conclude.
Prima della laurea in Lingue a Venezia, era stato l’Erasmus ad affacciare Francesca sui Paesi Scandinavi. In quei paesaggi, così simili alle atmosfere friulane, aveva trovato la sua terra d’elezione. Mercoledì, a Milano, con un flash mob si è chiesto “Basta morti in bici”.—