Caluso celebra l’Erbaluce da novant’anni: quella prima edizione con carri e musica

Caluso

C’era una volta la Festa dell’uva di Caluso: la declinazione fiabesca ben si addice alla kermesse di settembre dedicata alla promozione del suo celebre vitigno autoctono, l’Erbaluce, coltivato nelle colline del Canavese, che quest’anno da domenica 11 a lunedì 18 settembre, celebra la 90° edizione, organizzata da una regia collettiva: Comune, Enoteca, Consorzio di tutela, pro loco con il sostegno della Regione Piemonte e il patrocinio del ministero all’Agricoltura.

Il 2023 è importante per la continuazione della storia: c’è l’Erbaluce, nominato dalla Regione Piemonte vitigno dell’anno. L’annuncio ufficiale era arrivato lo scorso marzo dalla sede istituzionale della Regione Piemonte a Bruxelles, mentre la presentazione si era svolta in occasione della 55ª edizione di Vinitaly a Verona. «Un’opportunità di visibilità e riconoscimento di un territorio Piemontese dedito alla viticoltura che abbraccia aree incantate e forse meno conosciute del Piemonte», ribadisce l’assessore regionale all’agricoltura Marco Protopapa, che aveva visitato la Cooperativa produttori Erbaluce di Caluso. Ma la storia è lunga e incrocia la vocazione vinicola nota fin dal ’600, alla tradizione capace di creare quel senso di comunità ricercato da molti. Tanto per cominciare l’Erbaluce si chiama così perché deriva da due parole composte latine Alba e Lux (alba in albus bianco, e lux in luce) in parole povere Luce d'aurora.

Queste caratteristiche descrivono perfettamente il colore che assume l'acino nei primi mesi d'autunno. E, in più, richiamano la madre del vitigno: la Ninfa Albaluce. Nell'antichità, in particolare nell'era del bronzo, sulle colline calusiesi viveva sulle sponde di un grande lago, una popolazione celtica: i Salassi. Nel mese di settembre si festeggiava l'equinozio d'autunno, chiamato dai celti Alban Elfed (nella tradizione druidica significa luce dell'acqua), celebrando l'ultimo raccolto e ringraziando le divinità legate. Da qui la romantica leggenda della ninfa figlia del sole e della luna dalle cui lacrime di gioia per l’amore che il popolo gli aveva tributato, nacque il forte vitigno.

L’Erbaluce lo celebra e lo promuove con una festa che da semplice sagra paesana ha varcato i confini locali assumendo quest’anno una connotazione nazionale. Il passo si deve all’ingresso di Caluso, Città del vino nel progetto delle Tre terre canavesane, che già vede uniti nel Comune denominatore delle contaminazioni culturali e nella valorizzazione delle artigianalità e delle ricchezze del territorio Agliè, Castellamonte e San Giorgio. In questo contesto, la festa dell’uva Erbaluce era stata raccontata lo scorso 2 agosto a Venezia nell’ambito del festival della Reciprocità, che vede le Tre terre unirsi ai maestri vetrai di Murano ed alla città di Matera che ospiterà l’albero della reciprocità, realizzato in vetro di Murano con un basamento in ceramica di Castellamonte. Un manufatto artistico, contaminazione tra vetro di Murano e terra rossa di Castellamonte verrà creato per celebrare i 90 anni della Festa dell’uva. Si tratta di uno scrigno adatto a conservare una bottiglia di Passito che verrà presentato durante la conferenza stampa in programma nella mattinata di martedì 12 a palazzo Lascaris, sede del consiglio regionale. «Abbiamo deciso di entrare nelle Tre terre in via sperimentale – dice la sindaca Maria Rosa Cena – con un primo contributo di 8mila euro».

Ma i tempi della prime sagre, quando i carri inneggianti la vendemmia erano trainati dai buoi ed i protagonisti dei cinque rioni indossavamo abiti di fine ’800 si rivivranno domenica 17 nella sfilata folcloristica, e nel palio dell’uva. Era il 23 settembre del 1934 quando si festeggiò a Caluso la prima Festa della vendemmia, organizzata dal Comune e dal quotidiano La Stampa: c’erano i carri allegorici, un banco di vendita di vini, musica e balli e un cestino offerto ai visitatori arrivati da Torino con treni speciali. Il costo tutto compreso era di sette lire. Ma si dovrà attendere il 1948 per il ritorno della sagra: il Comune e la Pro loco di Caluso affiancarono un comitato promotore con la partecipazione dei rappresentanti dei cinque rioni Rua, Pescarolo, Croce (oggi chiamato il rione Rosario), Freta e Riva per l’organizzazione di un canovaccio che si arricchì nel corso degli anni.