Giacca: scompenso cardiaco una “epidemia” che i nuovi farmaci potranno rallentare
foto da Quotidiani locali
TRIESTE. Oltre 30mila partecipanti, 4500 speakers, i risultati di 30 studi clinici, il contributo di oltre 30 società scientifiche di cardiologia in Europa e di tutte le case farmaceutiche internazionali: è questo l’identikit ESC 2023, il meeting di quest’anno della serie di convegni annuali della European Society of Cardiology (ESC), tenutosi ad Amsterdam dal 25 al 29 agosto scorso.
Con un decesso ogni tre persone, le malattie cardiovascolari continuano a essere la principale causa di morte al mondo. La patologia più frequente è lo scompenso cardiaco, una condizione in cui il cuore di fatto non riesce più a pompare una quantità di sangue e di sostanze nutrienti sufficienti per sopperire al fabbisogno dell’organismo. Gambe gonfie, fiato corto, respiro che manca quando si è sdraiati, un progressivo senso di debolezza: sono i sintomi comuni di questa condizione.
Ne soffrono più di 1 persona ogni 100 della popolazione generale (oltre 70 milioni di persone al mondo), e oltre 10 individui di quelli sopra i 70 anni; più di 15 milioni di nuovi casi di scompenso cardiaco sono diagnosticati al mondo ogni anno. Una vera e propria epidemia, visto il recente allungamento dell’aspettativa di vita. Nonostante l’impegno della comunità medica e l’enorme interesse economico (lo scompenso cardiaco assorbe da solo il 2% delle spese sanitarie dei Paesi occidentali ed è la causa del 20% dei ricoveri ospedalieri delle persone dopo i 65 anni), la situazione continua a non essere rosea, con la metà dei pazienti che muore entro 5 anni dalla diagnosi, peggio che nella maggior parte dei tumori.
Un primo raggio di sole in questo scenario era giunto al meeting dell’ESC che si era tenuto a Firenze nel 2019, prima del COVID, quando erano stati presentati i dati di una sperimentazione clinica nei pazienti con scompenso cardiaco con un farmaco antidiabetico, la dapaglifozina. Questo farmaco fa parte di un gruppo di molecole, le glifozine, sviluppate originariamente per bloccare una proteina espressa nel rene, chiamata SGLT2, con lo scopo di bloccare il riassorbimento del glucosio secreto nell’urina. In maniera sorprendente, questo farmaco si era rivelato molto efficace contro lo scompenso cardiaco anche in maniera indipendente dal diabete. Dopo un anno, le glifozine sono entrate nell’armamentario terapeutico per lo scompenso cardiaco, senza che però a tutt’oggi se ne comprenda il reale meccanismo di azione, visto che la proteina SGLT2 non è espressa nel cuore.
Un altro passo in avanti viene ora dal meeting di Amsterdam, e di nuovo riguarda un altro farmaco antidiabetico, la semaglutide. Questo farmaco è di fatto la star del momento. L’aveva lanciato in commercio la Novo Nordisk a metà del 2021 per il diabete, ma subito ci si era resi conto che, oltre a normalizzare la glicemia, la sua principale azione era quella di indurre una massiccia perdita di peso. Promossa su TikTok da Elon Musk e altre celebrità di Hollywood, il successo della semaglutide è stato subito sensazionale, tanto da andare a ruba nelle farmacie in tutto il mondo per chi vuole dimagrire. Il farmaco mima l’effetto di un ormone chiamato GLP1, che viene rilasciato dall’intestino in risposta al cibo; GLP1 stimola il pancreas a rilasciare l’insulina e quindi abbassa i livelli di glucosio nel sangue, da cui l’effetto antidiabetico.
Ma allo stesso tempo la semaglutide trasmette un segnale di sazietà al cervello e rallenta lo svuotamento dello stomaco, diminuendo la fame. Ad Amsterdam ora sono stati presentati i dati di una sperimentazione clinica su 529 pazienti con obesità e scompenso cardiaco che erano stati trattati per un anno con semaglutide o con un placebo, senza che fossero affetti da diabete. Quelli che avevano ricevuto il farmaco hanno mostrato un marcato miglioramento nella qualità di vita e una riduzione dei sintomi dello scompenso cardiaco e del numero delle ospedalizzazioni.
Questi risultati si aggiungono a quelli di diversi altri studi clinici che hanno riportato una marcata riduzione di eventi cardiovascolari nei pazienti diabetici trattati con la semaglutide o altri attivatori di GLP1. Poco prima del meeting di Amsterdam, la Novo Nordisk stessa ha anche annunciato i risultati di una sperimentazione con semaglutide in oltre 17mila pazienti con patologia cardiovascolare pregressa ma senza diabete, seguiti fino a 5 anni. Quelli che avevano ricevuto il farmaco sono andati incontro ad una marcata riduzione di infarti e ictus cerebrali. Insomma, sembra proprio che la semaglutide sia un farmaco rivoluzionario per prevenire le malattie cardiovascolari, e già si sta cominciando a provarlo a scopo preventivo anche nelle persone del tutto sane, come per le statine.
Una riflessione finale. Sembra sensazionale il fatto che i principali avanzamenti nella terapia del cuore nell’ultimo decennio non vengano dalla ricerca sul cuore stesso ma da quella sul diabete, visto che sia gli inibitori di SGLT2 sia gli attivatori di GLP1 sono stati originariamente sviluppati per diminuire i livelli di glucosio nel sangue. Ed è altrettanto sorprendente che per entrambe queste due classi di farmaci così efficaci non si comprenda ancora il meccanismo con cui funzionano nel cuore.