Max Giusti al Rossetti è il Marchese del Grillo: «Simbolo della romanità»
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Da venerdì domenica il musical nella nuova produzione del Sistina di Roma per la regia di Massimo Romeo Piparo e le musiche originali di Emanuele Friello
TRIESTE La commedia musicale all’italiana si arricchisce di un nuovo titolo: “Il Marchese del Grillo” e il Politeama Rossetti si trasformerà nella città di Roma. Debutta infatti venerdì, alle 20.30 e replicherà sabato sera e domenica pomeriggio alle 16, la nuova produzione del Sistina per la regia di Massimo Romeo Piparo che vedrà in scena Max Giusti. L’attore e presentatore televisivo è felicissimo di questo suo ritorno a Trieste.
Ci è già stato?
«Qualche anno fa - risponde Giusti - con un mio spettacolo e non vedo l’ora di tornarci. Salirò nuovamente sul palco del Rossetti, che è un teatro che mi ha lasciato un ricordo molto forte e sarò nella città del quotidiano “Il Piccolo”, che è una di quelle testate che ricordo di aver sentito nominare fin da bambino».
Che cosa ha pensato quando le hanno proposto di vestire i panni del Marchese Onofrio Del Grillo?
«Innanzitutto ricordo ancora che ero a Milano e stavo salendo in treno quando ho ricevuto la chiamata. Lo spettacolo prevede che il protagonista interpreti sia il marchese che il suo alter ego, come nel film, ed è pertanto una prova d’attore straordinaria. Il film con Alberto Sordi è ormai uno sei simboli del nostro paese, nonché un feticcio della romanità che ha fatto conoscere dappertutto. In una città come Roma, con tutti gli attori della mia età che ci sono, il fatto che abbiano scelto me mi ha davvero dato una gioia enorme».
Quanto è impegnativo uno spettacolo così?
«Nonostante sia stato pensato e scritto per Alberto Sordi, tenendo conto di tutte le sue caratteristiche, riesce a offrire anche alle mie capacità di essere valorizzate in scena. Ho un cavallo da corsa da cavalcare e non sempre capita. Spesso ci si deve adattare alle cose che ci vengono proposte e talvolta è anche bello mettersi in gioco. Ma in questo caso il copione sembra scritto per me. Io so bene che non è così anche perché nessuno avrebbe scritto oggi uno spettacolo pensando a me: è stato creato per esaltare le capacità di Sordi. Ho ventisei persone in scena con me e talvolta fatico a credere di avere così tanto spazio».
Con un precedente così eclatante e un passato personale con qualche incursione nel mondo degli imitatori, come ha costruito il suo Marchese?
«Sono nato a Roma da genitori immigrati da altre regioni e la mia palestra sono stati i film di Sordi, come per tutta la generazione di persone che è cresciuta con la sua filmografia. Non ho voluto imitarlo perché sarebbe stato stucchevole e ridicolo, e perciò mi sono lasciato andare. La verità è che nemmeno io sapevo quanto Sordi avevo dentro di me, come succede a tantissimi altri italiani. Ciò che mi spaventava era il fatto di potere non essere bravo a dosare gli ingredienti. Non ho reinventato nulla, ma da fan, gli ho lasciato la sua essenza. Ho lavorato da attore brillante usando me stesso e facendolo ho trovato il Sordi che porto in me».
Come sono le musiche originali composte dal maestro Emanuele Friello?
«Ho accettato quasi immediatamente il ruolo, dopo avere controllato la compatibilità di questo lavoro con i due film che stanno per uscire al cinema e nei quali ero impegnato, quindi non avevo chiesto informazioni sullo spettacolo. Il primo giorno di prove ho scoperto che non c’era la musica di Nicola Piovani, ma ho scoperto che le musiche del maestro Friello sono perfette e consentono a tutti di uscire da teatro canticchiando “Me piace da scherzà”. Le musiche sono molto belle e, sono sicuro, accompagneranno il pubblico fino a casa. L’allestimento è sfarzoso e grandissimo, con luci e costumi per un’atmosfera tipicamente romana».
In passato ha lavorato con Pietro Garinei. Cosa le ha insegnato che ha portato anche in questa sfida?
«Da ragazzino ero andato a vedere “Aggiungi un posto a tavola” con i miei genitori. Avevo dieci anni e sono uscito dicendo: da grande voglio fare quel mestiere. Venticinque anni dopo il protagonista ero io. Garinei è stato il primo a mettere il mio nome nei suoi spettacoli. Ha creduto in me. Vedere questo signore che ha fatto di tutto per il teatro è un’emozione enorme. Per non parlare del garbo, della sua preparazione e della sua esperienza. Il consiglio più grande che mi ha dato è stato sicuramente: “Non abbia paura di essere se stesso in scena”. Mi ha voluto tanto bene e io ne ho voluto tanto a lui».