Ramin Karimloo: «A Trieste il nostro spettacolo nato nel lockdown in Giappone»
foto da Quotidiani locali
TRIESTE Ha richiamato fan da tutto il mondo la scorsa estate interpretando il Fantasma dell’Opera, Ramin Karimloo, e ora ritorna con “From the rehearsal room: Trieste Live!”, una serata, fissata per mercoledì 25 ottobre alle 20.30 al Politeama Rossetti, che regalerà una carrellata di arie da musical. In questo caso sarà accompagnato da Hadley Fraser. Due fuoriclasse, quindi, amici ancora oggi, dodici anni dopo avere condiviso l’imponente palco allestito alla Royal Albert Hall per celebrare il 25° anniversario di “The phantom of the opera” in cui interpretavano rispettivamente il Phantom e Raoul, in una una replica che è entrata nella storia del musical.
Karimloo, star indiscussa del teatro musicale, è reduce dalle tappe milanesi del Phantom of the Opera e prima di tornare a Londra si ferma al Rossetti.
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Conosceva già la città prima di arrivarci lo scorso luglio?
«Non la conoscevo ma le persone amichevoli del posto mi hanno davvero conquistato, oltre alla città stessa e il suo sapore d’altri tempi. Adoro il ritmo leggermente rallentato del luogo, rispetto a quello delle grandi città».
Questo suo ritorno la vedrà sul palco con un progetto originale: come è nato?
«Tutto è partito quando Hadley e io siamo rimasti bloccati in quarantena in Giappone. Il nostro concerto è stato cancellato a causa del Covid ma noi volevamo comunque creare qualcosa visto che eravamo a Tokyo. Allora decidemmo di filmare il processo di creazione di una scaletta per un concerto e alcuni pezzi delle prove o delle nostre chiacchierate nel backstage da condividere in streaming. Ci è piaciuto molto farlo e abbiamo deciso di continuare ed è emozionante portarlo finalmente “dal vivo” per la prima volta e mi piace tantissimo che accada a Trieste».
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Come vi siete divisi le canzoni da cantare?
«Dipende da quale edizione del progetto sceglieremo di presentare. La prima, da Tokyo, era incentrata sul trovare qualcosa che avesse senso in quel momento e durante le reclusioni nei nostri appartamenti. Il secondo che abbiamo fatto, a Soho, abbiamo scelto di impostarlo partendo dall’idea delle decadi, scegliendo una canzone per decade degli ultimi 100 anni. Questa volta celebreremo l’opportunità di esibirci live finalmente. Cerchiamo sempre canzoni nuove da aggiungere ma considerato che sarà anche la nostra prima volta insieme in Italia, sceglieremo anche qualcosa che ci diverta».
Lei ha interpretato tantissimi ruoli molto diversi tra loro. Come sceglie gli spettacoli a cui prendere parte?
«Cerco sempre di scegliere ruoli basati su qualcosa che per me rappresenti una sfida, che mi permetta di fare qualcosa di diverso, di mettermi in gioco e tirare fuori una nuova parte di me. Solitamente seguo il mio istinto, recentemente voglio solo interpretare ciò che desidero e divertirmi mentre lo faccio: se non risponde a queste aspettative, probabilmente è il caso di lasciar perdere».
Prima a Trieste, poi a Milano: che idea si è fatto del pubblico italiano?
«Mi è piaciuto molto stare in Italia e lavorare con gli artisti sul palco e fuori dal teatro. Il pubblico è fantastico. Eppure anche qui, come in altri posti, le persone usano i loro telefonini durante le repliche e questo è frustrante».
Può darci qualche anticipazione sulla scaletta?
«Faremo “Empty chairs at empty tables” (da Les Misérables) perché ci piace condividerla, e poi passeremo a canzoni da “The phantom of the Opera”, “Love never dies”, “The secret Garden” “Hamilton” e “I ponti di Madison County”, ma tutto potrebbe variare fino all’ultimo minuto».
Il prossimo anno il musical “Les Misérables” farà tappa al Rossetti con il suo “Arena Spectacular” tour. Lei è una delle star che hanno preso parte allo spettacolo in passato. Pensa che potrebbe partecipare a qualche tappa del tour?
«Ho amato lavorare in quello spettacolo, ogni ruolo che ho affrontato è stata una benedizione, tuttavia non credo che prenderò parte a questo tour».
Quando ha capito che cosa voleva fare da grande?
«A 12 anni ho visto “The phantom of the Opera”. Questo ha consolidato il mio desiderio di diventare un attore. Da allora ho iniziato a studiare attori come Al Pacino, Robert De Niro o Marlon Brando: volevo fare ciò che facevano loro, cambiando per ogni ruolo».
Andrew Lloyd Webber ha scritto “Love never dies” proprio per la sua voce. Che effetto fa un tributo così?
«È bello lavorare con lui. È molto collaborativo e appassionato nel suo lavoro».
Cosa serve al mondo del teatro per mantenersi giovane nel 2023?
«Finanziamenti, grandi drammaturghi e grandi spettacoli. Un sistema economico che permetta alle persone di supportare le produzioni e iniziative governative che finanzino gli spettacoli al fine di ridurre alcuni prezzi di alcuni settori per garantire a tutti la possibilità di vedere uno spettacolo dal vivo».
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