Teatro Verdi di Trieste, l’ombra dello sciopero sulla prima della “Manon Lescaut”
Presentata l’opera di Puccini del regista Guy Montavon che inaugura la stagione lirica. Ma la rappresentazione del 2 novembre è a rischio per la protesta nazionale
TRIESTE Sull’onda lunga del grande successo e sold out in tutte le recite riscossi a maggio dalla pucciniana “Turandot” e in omaggio al Maestro di Lucca, del quale l’anno prossimo si celebrerà il centenario dalla scomparsa, il Teatro Verdi si appresta a inaugurare la nuova stagione lirica ancora nel segno di Giacomo Puccini e della sua “Manon Lescaut”, illustrata venerdì in conferenza stampa al Ridotto, presenti il sovrintendente Giuliano Polo, il vicepresidente della Fondazione Verdi Andrea Melon, il direttore artistico Paolo Rodda, la direttrice d’orchestra Gianna Fratta, il regista Guy Montavon, una parte del cast artistico ed Elisabetta D’Erme presidente dell’Associazione Triestina Amici della Lirica G.Viozzi, moderatrice Alessia Capelletti.
Sull’inaugurale serata di gala del 2 novembre incombe però l’ombra dello sciopero, annunciato da una comunicazione delle segreterie territoriali delle organizzazioni sindacali. «Questa comunicazione era attesa – ha spiegato Polo – perché sono in corso a livello nazionale difficili e complesse trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale che è fermo da circa due decenni, c’è anche un tema di coperture economiche e, di fatto, c’è stata un’interruzione delle trattative che ha portato alla proclamazione di uno sciopero nazionale che riguarda tutte le prime programmate dalle fondazioni lirico-sinfoniche». Per la cronaca, sono di fatto già saltate le prime a Torino, Napoli e Palermo, la seconda recita di Amleto a Verona e un concerto sinfonico a Venezia.
«Per quanto mi riguarda –ha proseguito Polo- mi dispiace molto per l’azione sindacale ma, vista l’importanza dell’argomento, rispetto la decisione del sindacato, mi sento di comprenderne le ragioni e, come sovrintendente, cercherò di impegnarmi per cercare di sbloccare queste trattative. Riguardo alla prima di Manon ritengo sia molto difficile che possa essere effettuata e a breve sentirò le organizzazioni sindacali, le rsu e le segreterie territoriali per vedere di concordare insieme un percorso per le decisioni da prendere sull’annullamento della prima ma, nel frattempo, preciso che gli altri spettacoli si terranno regolarmente».
E allora, dato che purtroppo ci sarà da attendere un giorno in più prima di incontrare la bella Manon, è stato chiesto a Guy Montavon di anticipare qualcosa riguardo alla chiave di lettura scelta per la messinscena del capolavoro pucciniano, peraltro già realizzata con successo a Erfurt e Montecarlo.
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«Premesso che la storia di Manon non è così popolare come quella di Giulietta e Romeo, la mia idea registica nasce – ha dichiarato il regista svizzero – partendo non dal personaggio principale di Manon – donna molto dura, provocatrice e drammaturgicamente affascinante - ma da uno che è considerato un comprimario, ovvero Geronte de Ravoir. Per me non è un vecchio ricco che vuol comprarsi la bella Manon ma è invece un grande artista, conosciuto e celebrato in tutto il mondo, un pittore e scultore dalle quotazioni milionarie, uno alla costante ricerca della musa che, appena trovata, la deve possedere e custodire nel suo castello».
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Nel secondo atto, durante la lezione di danza, si vedrà l’artista Geronte avvolgere della stoffa sul corpo di un’annoiata Manon e fare di questa statua un capolavoro da vendere a una cifra altissima, un’opera d’arte che, incautamente, verrà distrutta da Manon durante il duetto d’amore con Des Grieux, momento culminante di vita e passione.
«Questo è il grande errore di Manon – sottolinea il regista - che pagherà con la vita l’affronto all’artista, venendo rinchiusa da lui in una cantina con due stanze, una a sinistra buia e senza finestre dove rimarrà tre settimane a digiuno, separata da Des Grieux da una lastra di plexiglas e dove, negli ultimi momenti di vita, scoprirà l’amore vero ma anche la resa al destino, che la farà morire in un angolo rannicchiata in posizione fetale». Riguardo alla collocazione temporale della storia, Montavon ha scelto di ambientare tutto «in un tempo estetico e in un luogo contemporaneo, perché l’opera è una forma d’arte che secondo me si deve sviluppare e crescere con la nostra società odierna. Fermo restando il dovuto rispetto per il nucleo originariamente scritto da librettista e compositore, un paio di cambiamenti e adattamenti al nostro tempo sono necessari per ridare linfa a un genere». Suggestiva, ieri alla presentazione, la parentesi musicale del soprano Alessandra Di Giorgio e dal tenore Max Jota, accompagnati al pianoforte da Adele D’Aronzo.
Manon Lescaut”, dramma lirico in quattro atti su libretto di autore anonimo, tratto dal romanzo ‘Histoire du Chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut’ di François-Antoine Prévost, musica di Giacomo Puccini, nell’allestimento in coproduzione tra Opéra de Montecarlo e Erfurt Theatre per la regia (e luci) di Guy Montavon, scene Hank Irwin Kittel, costumi Kristopher Kempf, maestra concertatrice e direttrice Gianna Fratta, maestro del Coro Paolo Longo.
Nel cast Lana Kos/Alessandra Di Giorgio (Manon Lescaut), Roberto Aronica/Murat Karahan (Il Cavaliere Des Grieux), Fernando Cisneros (Lescaut), Matteo Peirone (Geronte de Ravoir), Paolo Nevi (Edmondo), Magdalena Urbanowicz (un musico), Nicola Pamio (il lampionaio/maestro di ballo), Giuseppe Esposito (l’oste). Recite il 4, 5, 12 novembre ore 16, il 10 novembre ore 20 e 11 novembre ore 19.