In quattromila sfilano a Belluno da tutto il Veneto per difendere la sanità pubblica
Ospedali vuoti, liste d’attesa infinite, pochi medici di base: «Noi i baluardi contro la privatizzazione delle cure»
Erano quattromila sabato 28 ottobre pomeriggio a Belluno. Cittadini venuti da tutto il Veneto per manifestare a sostegno della sanità pubblica. Un lungo corteo di persone che, con striscioni e cartelli, sventolando bandiere di associazioni, partiti e sindacati, hanno percorso le strade principali del capoluogo per dire no alla privatizzazione della sanità e per chiedere il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione: il diritto ad una sanità pubblica.
La manifestazione
L’appuntamento era alle 14.30 sul piazzale della stazione ferroviaria di Belluno da dove il corteo – organizzato dal Coordinamento Veneto Sanità Pubblica (CoVeSaP) e dalla rete Giù le mani della sanità bellunese – è partito per raggiungere un’ora dopo piazza Duomo.
Al motto “la salute non si vende, la salute si difende” e “Zero soldi agli arsenali, tutti i soldi agli ospedali” i cittadini hanno voluto esprimere tutta la loro preoccupazione per il futuro della loro salute, dimostrando alla politica, nazionale e regionale, che questo movimento sorto dal basso non si fermerà nel rivendicare i propri diritti. In tutti la consapevolezza che oggi più che mai serve essere uniti per vincere le battaglie.
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I problemi della sanità
Fuga di medici e infermieri nel privato e servizi sempre più in mano ai medici delle cooperative («sono ben 42mila le ore assegnate ai gettonisti in Veneto ha detto Salvatore Lihard del CoVeSaP che ha definito «Roma ladrona perché mette due volte le mani in tasca ai cittadini con le tasse e finanziando la sanità privata»): sono alcuni dei tanti problemi che attanagliano la sanità veneta.
Senza dimenticare i servizi tagliati sul territorio, l’aumento delle zone rimaste senza medici di famiglia, le liste di attesa sempre più lunghe. «E di fronte alla carenza di personale», è stato detto dal palco, «è arrivata Azienda zero che ha bloccato le assunzioni dai concorsi per evitare sforamenti di budget».
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I commenti
«La situazione è grave», commenta Elena Ostanel, consigliera regionale de “Il Veneto che vogliamo”, «basta vedere le liste di attesa sempre più lunghe, con i codici di priorità che non vengono rispettati. E così si finisce nelle liste di galleggiamento. Il governo nazionale non ha investito nella sanità, la Regione non ha investito nei medici di famiglia, che sono sempre più figure rare», commenta rilanciando «la possibilità per il cittadino di chiedere la visita intramoenia in forma gratuita se l’attesa non la garantisce nei termini». Denuncia la fuga dei medici anche la consigliera regionale Cristina Guarda (con lei l’onorevole Alessandro Zan) che, numeri alla mano, evidenzia come rispetto al 2019 infermieri e medici se ne sono andati via non tanto per i pensionamenti, ma per motivi inattesi.
«Il rapporto tra pubblico e privato in Italia è asimmetrico», dichiara il senatore Andrea Crisanti, presente al corteo bellunese, «ed è tutto a vantaggio del privato. Si pensi, però, che dei 28mila letti delle strutture sanitarie private, solo il 5% ha la copertura della medicina di urgenza, cioè può rispondere alle necessità dell’emergenza-urgenza che è l’ambito più costoso ed è anche la spina dorsale del sistema sanitario. Il privato sceglie le prestazioni più remunerative, lasciando al pubblico quelle più dispendiose. Ed è questo il rischio più grande insieme al fatto che sono le Regioni a decidere gli accreditamenti dei privati. Il governo dovrebbe mettere le risorse negli stipendi dei medici, nella tecnologia per abbattere le liste di attesa e nell’accessibilità delle case di comunità per evitare il sovraffollamento dei Pronto soccorso».
Per far sentire alta la voce della protesta sono state distribuite ai manifestanti delle cartoline da inviare al presidente Luca Zaia e all’assessore regionale Manuela Lanzarin con la richiesta di un “impegno reale a favore del diritto alla salute”.