Ecco come il velista è stato arrestato a Trieste per traffico di droga
Lo skypper Milos Radonjic doveva timonare Maxi Jena alla Barcolana. Fermato su richiesta degli Usa
TRIESTE Il 24 metri Maxi Jena è arrivato a Trieste nel pomeriggio del 6 ottobre. Risultava tra le imbarcazioni iscritte alla 55.a edizione della Barcolana. A bordo c’era anche il suo timoniere, Milos Radonjic.
Trentatré anni, montenegrino, entrando nel Golfo il velista non immaginava che a scortare l’imbarcazione, a debita distanza, ci fosse la Polizia di frontiera marittima.
E che a terra, ad attenderlo, ci fosse la Squadra mobile di Trieste. Ormeggiata la barca, Radonjic è sceso sulle Rive e ha dato uno sguardo agli stand. È in quel momento che il personale della Mobile l’ha avvicinato, identificato e arrestato, dando esecuzione a un mandato di cattura internazionale emesso il 15 settembre scorso dal Distretto est di New York.
Portato dapprima in una cella del Coroneo, il giorno successivo Radonjic è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo dove ora si trova. L’accusa è pesante: riciclaggio e traffico di stupefacenti. Le autorità statunitensi ritengono Radonjic il boss di un pericoloso clan che ha organizzato e tentato tre volte di portare in Europa un carico di 2.602 chilogrammi di cocaina da imbarcare su una nave statunitense dall’Ecuador o dalle acque al largo della Colombia.
Come ha riportato il Corriere della Sera, pubblicando lunedì la notizia dell’arresto, l’inchiesta è frutto di anni di indagini, con intercettazioni e decifrazione dei messaggi che il gruppo si inviava. Per gli Usa sarebbe stato proprio Radonjic a pianificare i trasporti: data la sua elevata pericolosità, da New York ne hanno chiesto l’arresto.
Gli stessi Usa hanno comunicato all’Italia che il montenegrino avrebbe partecipato alla Barcolana. Da Roma è poi è arrivato l’alert alla Questura di Trieste, che ha eseguito il mandato di cattura.
Fermato dalla polizia, l’uomo non ha opposto resistenza. «Il mio assistito si considera estraneo a questa storia – precisa l’avvocato Alexandro Maria Tirelli –, pare ci siano altri soggetti con lo stesso nome, quindi potrebbe trattarsi di un caso di omonimia». Tirelli non precisa, ma il riferimento potrebbe essere a un criminale il cui nome - proprio lo stesso - si trova citato più volte da media di vari Paesi balcanici negli scorsi anni, collegato a clan della criminalità organizzata, sfuggito a tentativi di omicidio a colpi di mitraglietta e arrestato in Croazia.
Come che sia, la Corte d’appello di Trieste il 7 ottobre ha convalidato l’arresto: vi sarebbe infatti corrispondenza delle impronte digitali del velista arrestato con quelle del ricercato acquisite in sede di indagine, così come del numero di passaporto e dell’utenza telefonica.
Per gli Usa insomma non si tratterebbe di omonimia. Tirelli sugli elementi della convalida dichiara di «non avere ancora riscontri e documentazione che conforta questo dato», e precisa che «comunque l’Italia non è chiamata a decidere sulla colpevolezza o meno, ma sull’opportunità di estradare Radonjic. Noi ci opponiamo all’estradizione e scriveremo al ministro affinché la vieti, perché riteniamo inconcepibile che gli Usa possano pretenderla quando ci sono casi come quello di Chico Forti o dell’uomo scappato da Gorizia, accusato di abusi sessuali e rifugiato a Dallas, per i quali gli Stati Uniti di fronte alle nostre richieste fanno orecchie da mercante: è vergognoso». Il legale – che a breve, anticipa, farà visita al suo assistito – riferisce di un Radonjic «preoccupato, perché sa che negli Usa per una condanna del genere si rischia l’ergastolo».
Quel Key-80 da 24 metri – che oggi batte bandiera del Montenegro mentre il porto di armamento risulta essere Bar – nel 2009 con il nome Maxi Jena aveva vinto la Barcolana: il team a bordo era quello di Mitja Kosmina. Kosmina – al timone di Prosecco Doc nelle ultime edizioni della regata – ha venduto l’imbarcazione «sei anni fa – testimonia lo stesso Kosmina – alla società di Capodistria Sailing Planet. Poi di quell’imbarcazione non ho saputo più nulla». Il 24 piedi è stato dunque ceduto ai montenegrini in un secondo momento. L’attuale armatore risulterebbe Ivan Stanisavljević. Nell’inviare i dati di iscrizione alla Barcolana, come timoniere era stato indicato proprio Milos Radonjic. Sabato 7 ottobre, invece, alla vigilia delle regata, da Maxi Jena è stata inviata all’organizzazione una modifica: a timoniere è stato indicato Marko Radonjic, il fratello.
La Barcolana in tutta questa storia ovviamente, non c’entra nulla. Il presidente Mitja Gialuz riferisce che l’organizzazione della regata fino a lunedì «era ignara di tutto. Da giurista, prima ancora come presidente della Barcolana – sottolinea – sono soddisfatto che strumenti di cooperazione internazionale funzionino. Questa è una vicenda che non ha nulla a che fare con un evento sportivo, culturale, di promozione delle sostenibilità, conosciuto in tutto il mondo».