Brunori sul dopo Vaia: «Il bostrico poteva essere fermato, il Veneto ha fatto poco»
«Non è stato un semplice episodio, se pure di dimensioni mai viste prima: Vaia prosegue con la distruzione dei boschi che il bostrico sta attuando progressivamente nelle stesse zone». A cinque anni dalla tempesta, con i boschi delle dolomiti in preda al bostrico, Antonio Brunori parla di disastro che continua, “long Vaia” mutuando l’espressione che abbiamo imparato ad utilizzare in campo sanitario. Brunori è il segretario generale di Pefc Italia, l'ente che garantisce la provenienza del legno da foreste gestite in modo sostenibile. «Un disastro che è proseguito in tutti questi cinque anni – puntualizza - Mi capitò allora di parlarne proprio in Veneto, nel corso di una intervista; all'epoca sostenevo, e qualcuno mi dette della Cassandra, che una foresta così indebolita dalla tempesta più potente che si ricordi a memoria d'uomo avrebbe potuto dare spazio al bostrico». Ad un coleottero, l'ips thypographus, che attacca prevalentemente l'abete rosso, scavando intricate gallerie nel legno che interrompono il flusso della linfa, portando inevitabilmente a morte le piante. Un insetto che si sposta rapidamente, propagando l’infestazione.
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Presi alle spalle
In una notte cadde a terra una quantità di legname pari al taglio di 7 anni. «Ed i proprietari dei boschi, i privati, i Comuni, le Regole - prosegue Brunori - videro sconvolte la loro pianificazione e la tradizionale gestione della risorsa legno. Si può ben comprendere lo sconvolgimento non solo economico, ma anche psicologico, sociologico, naturalistico che ne derivò. In particolare la pianificazione saltò completamente perché la selvicoltura è anzitutto sostenibilità, taglio programmato, scelta delle piante mature da eliminare anche per dare luce e vita alle piante giovani. Le zone del Nordest d'Italia possiedono le aree forestali più belle del nostro Paese. Bene, vennero abbattuti dal vento 7,5 milioni di metri cubi di legname, 20 milioni di alberi, anche per le particolari caratteristiche di Vaia».
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Vaia fu la prima grande tempesta che tempesta proveniente da Sud, mentre di solito le grandi perturbazioni arrivavano da Nord. Il mare Mediterraneo era troppo caldo, tre o quattro gradi sopra alla media del periodo, ed una cellula di aria fredda innescò la tempesta. La vegetazione non era preparata proprio perché tradizionalmente più protetta a Nord. Questa la cronaca di 5 anni fa. Poi arrivò il bostrico. «Questo insetto compie solitamente in estate un ciclo vegetativo – ricorda Brunori - ma complice un'estate più lunga rispetto al solito, quell'anno di cicli ne fece ben tre, triplicando di fatto la capacità di attacco. Mangiava il legno morto e terra, seccava quello vivo rimasto ancora in piedi».
Troppi schianti lasciati a terra
Sarebbe stato possibile fermare il problema sul nascere? «Il legno morto doveva essere eliminato oltre il 95%, per evitare l'epidemia ma non tutti ci sono riusciti. La provincia di Bolzano ha esboscato il 100% delle piante cadute a terra e non ha subito attacchi di bostrico; il Trentino il 70%, ed ha segnato attacchi da bostrico mai registrati prima; il Friuli il 70%, idem; il Veneto, purtroppo, meno del 60% del legname ed il bostrico ha avuto vita facile», risponde Antonio Brunori.
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Il Veneto, quindi, ha tolto dal bosco meno legname schiantato rispetto alle altre regioni? «Questi sono i dati, a causa di lungaggini burocratiche e di una situazione orografica particolarmente difficile. Si è esboscato subito il legname vicino alle strade, quello più facile da estrarre, causando un danno economico ai proprietari, costretti alle prime aste post-Vaia a vendere a 15 euro al metro cubo, dagli 80 euro delle aste pre-Vaia. Poi sono arrivati i cinesi ad acquistare il legno del Veneto, rialzando il prezzo fino a 30/35 euro al metro cubo. E siamo anche riusciti nell'impresa di esportare il bostrico in Cina, dove l'attacco di questo insetto non l'avevano mai avuto, perché nel trasporto non sono state attuate tutte le necessarie procedure fitosanitarie». Che fare del legname bostricato? Bostrico uguale legname da buttare? «No, questa è un'altra convinzione da sfatare. È vero che la moria da bostrico ha delle conseguenze sulla qualità del legname, la pianta muore in piedi, l'insetto mangia la parte viva e, in due o tre settimane, l'albero si secca diventando azzurrino a causa di un fungo. Ma il legno tecnologicamente è ancora valido: viene deprezzato da chi fa ad esempio tavole, ma apprezzato dal punto di vista estetico, ad esempio, dagli architetti proprio per questa sua sfumatura. Poi è chiaro che tanto materiale disponibile, quindi tanta offerta, fa abbassare i prezzi. Ed è per questo che noi invitiamo a comprare legno italiano, che è anche più conveniente».
Filiera solidale
La "Filiera solidale" Pefc ha anche attivato una 'Filiera Solidale', con l'appello all'esbosco e l'approvvigionamento nazionale; una iniziativa che mette in contatto i proprietari forestali con gli imprenditori del legno per avere un prezzo equo e solidale. «La filiera è stretta conseguenza di questa tempesta - evidenzia Brunori - e vuole proporre ai nuovi imprenditori, designer, a chi costruisce case in legno un patto solidale a favore delle aree interne, quelle che hanno subito maggiori danni. Una piattaforma di scambio che vede già operativi 140 fra proprietari, organizzazioni e industrie della filiera che hanno aderito alla nostra proposta.
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Slow Food, ad esempio, ha realizzato taglieri fatti con legno di Vaia per le loro manifestazioni, bancali in legno, pavimentazioni di stand. Tutto per valorizzare il legno italiano che costa meno ed i cui proventi restano in montagna». Ma c'è tanto legname che è marcito nel bosco. «Il legname a terra dopo tre o quattro anni è ormai diventato humus, poltiglia, terriccio. Anche perché è stato esboscato quello più vicino alle strade, quello facilmente raggiungibile. In altri punti si è fatto un notevole lavoro per ripristinare le strade forestali distrutte dalla tempesta, così da consentire il transito di mezzi per il recupero dei tronchi. Laddove nemmeno le teleferiche riuscivano ad operare, sarebbero serviti gli elicotteri, che però hanno costi molto alti, che non rendono economica l'operazione».
Le tempeste mini-Vaia
La lezione di Vaia? «Dobbiamo comprendere che Vaia, nella sua forza dirompente e devastante ci ha indicato anche cosa potrà avvenire in futuro. Non a caso abbiamo avuto già tre mini-Vaia in Trentino Alto Adige ed una in Comelico, a Campolongo di Cadore.
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Le foreste sono indebolite, le temperature sono sempre più elevate, quindi la vera lezione di Vaia è quella di pensare alle foreste con occhi e metrica diversi. Abbiamo bisogno di boschi con maggiori varietà di alberi, non solo abete rosso; con piante di diversa età che sappiano anche ripristinare la compattezza dei pendii; e poi dobbiamo assicurare la foresta. Le proposte delle assicurazioni ci sono, sono i proprietari che invece non sono abituati ad assicurare un bene che ritenevano solido e da cui pensavano di poter trarre solo benefici economici». Insomma, la tempesta Vaia ha squarciato un altro velo, che è quello di una necessaria gestione attiva del patrimonio boschivo in Italia.