Maya si prepara al rientro a Mantova: «Sto bene, ma è stata dura»
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Parla la volontaria mantovana fuggita da Gaza: «Subito un’azione umanitaria». Bloccato in Italia il dottore di Rivarolo che vuole tornare in Israele dalla moglie e dalla figlia più piccola
«È un sollievo perché la situazione a Gaza è stata davvero difficile, ma sono molto preoccupata per il resto del team e per la popolazione». Sono le prime parole di Maya Papotti, l’operatrice mantovana dell’Ong (Organizzazione non governativa) Azione contro la Fame, a poche ore dalla sua partenza da Gaza. «Dopo aver lavorato lì per mesi e aver vissuto in prima persona questa terribile crisi, io e i miei colleghi abbiamo una visione chiara della risposta umanitaria che deve essere attivata con urgenza» continua Papotti, che è in attesa di rientrare a Mantova, dove la sua famiglia la sta aspettando. La cooperante di Levata è tra i primi quattro italiani usciti dalla Striscia di Gaza mercoledì attraverso il valico di Rafah. Papotti lavorava nella Striscia quando è avvenuto l’attacco di Hamas. Assieme ad altri membri della Ong è riuscita a raggiungere in mezzo al caos il compound delle Nazioni Unite a Rafah, al confine con l’Egitto. E lì è rimasta fino a mercoledì pomeriggio.
Dallo scoppio del conflitto, Azione contro la Fame è stata costantemente in contatto con Maya e la sua famiglia, collaborando con le autorità. «Siamo sollevati per questa notizia – dicono in un comunicato – ma non possiamo dimenticare coloro che sono ancora a Gaza, cercando di sopravvivere tra le bombe, il cibo che scarseggia, l’acqua e l’elettricità limitate. Le condizioni sono estremamente dure e rimaniamo profondamente preoccupati per la loro sicurezza».
Il personale di Azione contro la Fame sta lavorando per fornire assistenza umanitaria a Gaza, quando è sicuro farlo. «Chiediamo la fine di tutte le violenze contro i civili – continua l’associazione – rinnoviamo il nostro appello per un cessate il fuoco immediato e l'aumento dell'assistenza umanitaria a Gaza».
A Levata la famiglia della volontaria attende con trepidazione il suo rientro. Per i genitori sono stati giorni di grande apprensione, anche se, pur tra mille difficoltà, avevano notizie della figlia tramite l’Ong, che riusciva a contattarla attraverso un telefono satellitare.
Nel terribile scenario della guerra si snoda anche la storia di un altro mantovano, il medico di Rivarolo, Lorenzo Fertonani, che da quattro anni vive vicino a Tel Aviv. Sposato con una dottoressa israeliana, due figli (un bimbo di tre anni e una bimba di un anno e mezzo), Fertonani era rientrato in Italia con il bambino più grande per partecipare ad un matrimonio. Sarebbe dovuto rientrare proprio il 7 ottobre, giorno del sanguinoso attacco di Hamas. Rimandata la partenza al primo novembre, il medico si è trovato di fronte ad un imprevisto. «Avevo comprato i due biglietti ma all’aeroporto di Malpensa ci hanno fermato – racconta – mio figlio ha due cittadinanze ma il solo passaporto israeliano. Ci hanno detto che un cittadino italiano non può espatriare senza il passaporto del nostro Paese. In realtà non abbiamo mai incontrato questo problema, ma forse è per la situazione internazionale. Ora devo fare il passaporto al piccolo. L’ambasciata si è attivata per avere un percorso preferenziale, ma oggi (ieri per chi legge, ndr) sono andato all’ufficio passaporti della questura di Mantova ed era chiuso. Ci riproverò domani mattina».