Un illustratore della Divina commedia a Tolmezzo
TOLMEZZO. Sull’Altare Maggiore fatto venire da Venezia come dono alla comunità tolmezzina dal munifico impresario dell’industria tessile più importante d’Europa, Iacopo Linussio, troviamo una pala di Francesco Fontebasso, eseguita intorno al 1762-1764 e raffigurante la Madonna con Bambino e i santi Martino, titolare della chiesa, e Carlo Borromeo, che era stato Abate commendatario di Moggio, da cui in origine dipendeva la chiesa di San Martino di Tolmezzo.
La presenza della chiesa viene attestata già alla fine del XII secolo, grazie a un documento del 1199 con il quale Papa Innocenzo III concedeva ai Benedettini di Moggio di edificare una chiesa su terreni di proprietà del monastero, quindi si spiega nel quadro a olio del Fontebasso la presenza del santo Carlo Borromeo.
Giacomo Valvasone di Maniaco scrive di lui: «Borromeo signore di eroiche virtù, che cammina per strada di farsi immortale con dare quaggiù perpetuo esempio di vita religiosa, non solo alla corte di Roma ma a tutta la cristianità» Tant’è vero che fu santificato l’anno 1612 primo dicembre.
Tornando al Fontebasso (nato aVenezia nel 1707, morto nel 1769), nella sua biografia leggiamo che nel 1763 tornò a Venezia, quindi la datazione della pala Tolmezzo è corretta.
Tolmezzo e la Carnia erano talmente importanti per la difesa contro l’Impero al punto che il monsignore di Tolmezzo Don Rizzardi era veneziano e addirittura il vescovo Grandenigo era veneziano e anche il Doge Manin era veneziano.
Però Venezia non opprimeva solamente ma faceva circolare in Carnia la sua splendida cultura come appunto il dipinto di Fontebasso che fu il maggior illustratore della Commedia di Dante del 1700 in particolare nell’edizione Zatta che da una mia ricerca è così: «1757-58 in tre volumi, «con varie annotazioni, e copiosi rami adornata» è dedicata alla «Sacra Imperial Maestà di Elisabetta Petrowna, Imperatrice di tutte le Russie figlia di Pietro il Grande dal Conte Don Cristoforo de Cisneros».
Ogni canto è illustrato da una tavola, che raffigura un episodio; inoltre l’Inferno contiene anche sette tavole ‘adulatorie’ (basti pensare alla prima in cui è raffigurato Dante che offre l’opera al Doge Francesco Loredan).
Le incisioni, opera di diversi artisti e disegnatori, non sono quasi mai all’altezza della cura e dell’impegno editoriale; si distinguono per qualità e per una certa ariosità compositiva quelle di Francesco Fontebasso».
Nel Duomo di Tolmezzo gli fanno da degno contorno le tele del pittore veneto Pietro Antonio Novelli Vergine con bambino e santi e con vescovo martire e Sacra famiglia con Santi ed Angeli che saranno addirittura esposti a Udine nella Mostra della pittura veneta del Settecento in Friuli 1966.
E le tele di Nicola Grassi, nato in Carnia ma ben inserito con i suoi cromatismi e un linguaggio personale e originale nella grande corrente pittorica veneziana del Settecento: Redentore, San Francesco da Paola, Crocefissione, Madonna, San Giacomo minore, doni del sempre munifico Iacopo Linussio, che aveva creato a Tolmezzo un benessere tale che anche i preti ballavano e bevevano come scrisse monsignor Ricciardi al Vescovo Grandenigo.