Le origini del colle del castello di Udine: un sistema di difesa e simbolo della città
foto da Quotidiani locali
È recente la scoperta che il colle del castello sarebbe stato elevato forse prima della tarda età del bronzo. Dopo una iniziale titubanza, mi sono convinto e credo che da questa nuova acquisizione si possano ricavare importanti conseguenze, non solo per la storia del nucleo urbano di Udine.
Il colle e l’aggere
Non sembra si sia valutata a pieno la portata della scoperta, che riguarda anche l’aggere, ossia il bordo rialzato, del castelliere. Gli scavi condotti in corrispondenza del palazzo Mantica hanno indicato che esso era largo alla base circa 25 metri e alto alcuni metri: ne abbiamo idea dal rialzo del giardino Ricasoli, chiara traccia residuale.
Non credo di andare errato se affermo che esso doveva essere lungo intorno a due chilometri: ciò comporta una massa di terra enorme, di qualche centinaio di migliaia di metri cubi, paragonabile a quella del volume del colle del castello.
Un collegamento dell’aggere al colle del castello è ancora visibile in vicolo Sottomonte, ove il piano stradale scende bruscamente verso nord, avvicinandosi alla biblioteca. L’altro doveva trovarsi in prossimità del medesimo palazzo Mantica.
Da ciò ricaviamo la constatazione che aggere e colle erano uniti in un medesimo sistema, al punto da ritenerli parte di un unico progetto.
Se per costruire il colle si scavò nell’attuale piazza I Maggio, allora per elevare l’aggere si scavarono i tratti di roggia che ancor oggi lo costeggiano.
Il percorso nordoccidentale
Molti studiosi, nel delineare la storia dell’abitato, hanno manifestato grossi dubbi per quanto riguarda la sua estensione a nordovest.
La carta di Udine redatta nel 1843 da Antonio Lavagnolo mostra con chiarezza tra la roggia che costeggia via Zanon e la piazza Matteotti i resti dei “cueis”, termine con cui la comunità locale designava l’aggere protostorico e un fosso all’interno dell’aggere.
Già nell’Ottocento si vide un fossato che dal sommo di via Mercatovecchio scendeva verso via Paolo Sarpi; esso poi fu rivisto sotto il monumento a Vittorio Emanuele II in Piazza ora della Libertà e si intuì che coincidesse con il fossato che si trovava tra via Manin e il colle, che ebbi modo di vedere nel 1990 e che si rinvenne anche al di sotto del palazzo Mantica.
Gli scavi in via Mercatovecchio del 2020 hanno riportato alla luce una parte di questo fossato, lo stesso che si trovava entro l’aggere parallelo a via Zanon. A cosa poteva servire? Chi, come me, ha lavorato per molti anni in Castello sa che durante le intense piogge invernali l’acqua che scende dal colle è molto abbondante e va raccolta.
Il fossato serviva per raccogliere l’acqua che principalmente scendeva dal colle, nella parte in cui esso confinava con l’abitato, e raccoglieva anche le acque che scendevano dal versante interno dell’aggere. Dunque tutta l’area del Mercato Nuovo faceva parte del castelliere dell’età del bronzo.
La forma del colle
Tutti notano che i versanti del colle sono molto diversi. Verso piazza I Maggio esso è molto ripido, come pure verso Nord, mentre verso via Mercatovecchio scende con pendenza meno accentuata.
Ciò significa che venne progettato per accogliere, in questa parte, un abitato. Un abitato non di pianura, bensì di altura, con terrazzamenti che dovevano accogliere dei percorsi pedonali e delle abitazioni, poste a quote diverse, sui due lati. Ne abbiamo la prova nel residuo fossile che è il vicolo Sottomonte.
A una quota più alta doveva trovarsi una situazione analoga di cui resta come testimonianza il terrazzo al di sopra della casa Malignani ove si trova il così detto orto del custode e dove, tra l’altro, è stata esiliata la lapide già posta sulla parete nord del castello a ricordo del discorso di Udine di Benito Mussolini (settembre 1922).
Negli scavi del 2006 abbiamo potuto constatare che il sistema dei terrazzamenti continuava anche sul versante meridionale del colle. I versanti più scoscesi erano invece progettati per difesa da un eventuale nemico.
Da chi e per chi?
É stato detto molte volte che il castelliere di Udine è il più esteso tra quelli friulani. Ciò è ancora più vero con l’aggiunta di piazza Matteotti e area contermine.
A giudicare dai risultati degli scavi, pare che non tutta l’area entro il castelliere fosse abitata, ma che esistessero, come appare ovvio, ampi spazi per le coltivazioni, almeno domestiche, e per gli animali.
Come l’edificio del castello fu costruito dopo il terremoto del 1511 con i contributi di tutti gli abitanti della Patria, così possiamo pensare che la costruzione dell’aggere e l’innalzamento del colle sia frutto di un progetto condiviso da tutte le comunità locali allora esistenti nel Friuli, con lo scopo di creare una capitale che ognuna le comprendesse e le rappresentasse. In tal modo il colle non sarebbe stato un semplice tumulo, seppure di dimensioni esagerate, bensì il simbolo di un’intera collettività.
Piace pensare che uno dei frammenti di legno scoperti all’estremità di un bunker antiaereo, nel 1943 e da allora inteso come un remo, sia invece parte di una semplice pala, strumento artefice della costruzione.
Dalla protostoria alla storia
Prima che la scrittura venisse a segnare su vari supporti nomi e vicende, le azioni degli uomini hanno talora lasciato traccia nelle opere da essi effettuate.
Se quanto è stato qui detto risponde a verità, allora la scoperta relativa alla costruzione artificiale colle permette di cogliere alcuni aspetti di un grande momento, prima della storia scritta, in cui si espresse una grandissima capacità progettuale unita a una visione politica, capace di unire l’insieme degli abitanti verso un obiettivo comune, certamente di difesa, ma anche e soprattutto di autocelebrazione.