Ebrei, cristiani e musulmani: a Trieste 1500 persone riunite in preghiera per la pace
TRIESTE Insieme raccolti in una preghiera che non chiede altre parole; rivolta verso il mare, verso l’orizzonte, verso le terre ferite del Medio Oriente in cui riverbera la guerra. Il silenzio è tutto nelle mani che si stringono, tra il vescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, il rabbino capo, Eliahu Alexandre Meloni, e il presidente della Comunità islamica locale, Omar Akram.
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Nel dirsi, reciprocamente: «È un segno», indicando il cielo aprirsi in una domenica mattina di sole mentre Molo Audace, ancor ferito dalle mareggiate dei giorni passati, si affolla di circa 1.500 cittadini e fedeli, rappresentanti delle altre Chiese cristiane e confessioni della città, autorità politiche.
È così che a mezzogiorno il suono delle campane delle vicine Chiese greco-ortodossa, serbo-ortodossa e cattolica di Sant’Antonio Nuovo segna l’inizio dei 15 minuti di silenzio chiesti dalle diverse comunità religiose della città per «esprimere insieme il dolore per quanto sta succedendo, stando gli uni al fianco degli altri».
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Mani congiunte e occhi socchiusi: dando per un attimo le spalle al mare si ritrovano, tra la folla, famiglie, anziani, bambini, suore e laiche, donne con il velo e uomini con la kippah. In fondo, al principio delle Rive triestine, quattro ragazzi migranti seduti al sole.
È un silenzio che dura 15 minuti, eppure il tempo si dilata: testimonia secoli di storia, di unità e condivisione raggiunte tra le diverse comunità triestine, credenti o meno, in un dialogo interreligioso, multiconfessionale e multiculturale. Un dialogo che non necessita di parole, perché «grida in silenzio il dolore di tanti uomini e donne che piangono per le immani violenze che stanno insanguinando i popoli». «Il nostro segno è il silenzio. Il nostro segno è il trovarci a piangere per quello che succede.
La guerra e la sofferenza, la morte di tanti uomini, donne e bambini - la preghiera pronunciata da monsignor Trevisi - ci lasciano sgomenti. Dio non vuole né questa, né nessuna guerra. Oggi noi nel nome dell'unico Dio ci siamo riuniti per chiedere che venga permesso il ricongiungimento delle famiglie, che cessi la violenza delle armi, che con umanità ci si prenda cura della popolazione civile, che si riprenda il dialogo. Noi qui riuniti vogliamo essere un segno che ci si può parlare, rispettandosi e accogliendosi nella diversità di ognuno, e così chiediamo il pieno rispetto di tutti, di ogni persona».
Il momento di raccoglimento si chiude con il passaggio di una nuvola in cielo; al termine dell’ultimo minuto di silenzio, si fa fatica a ritornare alla parola: non rimane che un abbraccio commosso tra i rappresentanti delle diverse confessioni, migliaia di strette di mano dei tanti fedeli.