Argini mantovani del Po più sicuri, mancano 70 milioni

Per il rialzo dei 77 chilometri di terrapieni definiti “critici” stanziati 130 milioni, ma alcuni tratti restano senza finanziamento. Il consolidamento è prioritario per avere un metro di altezza più della peggiore piena

Un fiume di denaro per imbrigliare fra gli argini il più grande corso d’acqua italiano che scorre per circa 100 chilometri nel Mantovano. Ma nonostante gli investimenti notevoli, 130 milioni nell’ultimo decennio, all’appello di milioni ne mancano ancora 70, dei quali 50 messi da privati. Ma a cosa servono questi soldi?

La messa in sicurezza dalle alluvioni del territorio più ricco d’Italia, la Val Padana, è sempre stato una priorità, anche se da una decina d’anni è divenuta una sorta di miraggio. I soldi arrivano con il contagocce e più per tamponare le emergenza che per programmare cantieri. Eppure le linee guida ci sono da tempo. Sono state varate negli anni ’80 per rialzare gli argini con un margine di sicurezza di un metro rispetto alla piena più alta di sempre, quella del 1951. Uno studio così lungimirante che ha retto il confronto anche con la disastrosa ondata del Duemila.

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Nel Mantovano, provincia dove 34 Comuni su 64 sono a rischio esondazione, su 253 chilometri di arginature del Po, 28 chilometri in sponda destra e 49 in sponda sinistra non centrano l’obiettivo del metro in più e vanno rialzati. Grandi lavori sono stati eseguiti fra 2006 e 2009 a San Benedetto Po con un investimento di 50 milioni, poi ci si è fermati in attesa di finanziamenti. Che sono arrivati dalla Regione: 15 milioni con i quali si è sistemato il tratto più a rischio, a Torricella di Motteggiana e a Scorzarolo, altri 5 sono andati nel Viadanese. Circa 30 milioni sono giunti per la sistemazione dell’alveo ed altri 20 sono andati al sistema Garda-Mincio-Po.

Tutti lavori che sono serviti a rendere più sicura l’asta mantovana del Po. Progettati da Aipo, l’Agenzia interregionale del Po nata nel 2003 e prima di lei dal Magistrato del Po e coordinati dall’Autorità di bacino, i lavori sono stati quasi tutti cantierati.

Nonostante ciò, all’appello di milioni ne mancano quasi 70 perché il franco di sicurezza non è ancora raggiunto in sponda destra fra San Benedetto Po, Quingentole e Revere, ed in sponda sinistra nella zona di Ostiglia, dove però si sta già lavorando.

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La scarsità dei finanziamenti a fatto sì che la parte pubblica scegliesse alla fine di aderire alla proposta giunta da privati. Un project finacing che vale oltre 50 milioni e che funziona così. Cavatori di sabbia a Quingentole si sono offerti di realizzare gratuitamente i rialzi necessari degli argini utilizzando sabbie ed argille cavate da loro stessi ottenendo in cambio lo sgravio totale dei costi di concessione. Un lavoro notevole, di 12 anni di durata, ma che non è ancora iniziato. Questo, nonostante la complessa parte burocratica sia giunta al termine il mese scorso con la Valutazione ambientale positiva emessa dalla Regione. A frenare l’avvio dei cantieri le difficoltà finanziarie della ditta modenese che aveva proposto la partnership con Aipo. Al momento è tutto fermo, ma l’importanza del lavoro ha spinto Aipo a ricercare anche altre forme di finanziamento pur di portare a termine l’opera. Altri 10 milioni, già finanziati, serviranno per la costruzione di un argine ex novo in arretramento, in pratica un raddoppio, del tratto che difende Carbonara. Venti milioni, infine serviranno per i tratti sparsi ancora da mettere in quota.