Trevisi: «Mancano le risorse per pagare gli stipendi dei lavoratori Caritas a Trieste»
TRIESTE. «Siamo in difficoltà, in pesante difficoltà». Il vescovo di Trieste, Enrico Trevisi, torna ad appellarsi alle istituzioni e ai cittadini chiedendo di sostenere la Caritas diocesana. I dipendenti – 180 persone – rischiano di restare senza stipendio. Il problema era già emerso nei mesi scorsi. E ora si ripresenta.
Monsignor Trevisi si è soffermato sulla questione mercoledì mattina, in occasione dell’inaugurazione della casa di accoglienza “Marana Tha” di via Vasari 7. La casa, ristrutturata grazie a un contribuito di 40 mila euro stanziato dalla Fondazione CRTrieste (era presente anche il vicepresidente del consiglio di amministrazione Francesco Prioglio), è pensata per ospitare ventiquattro persone senza fissa dimora.
Un fenomeno, questo dei senza fissa dimora, tutt’altro che trascurabile: coinvolge quanti perdono la casa per uno sfratto, una separazione. O, ancora, chi non può contare su un lavoro o comunque su un’occupazione adeguatamente retribuita. Nel 2022 i residenti che hanno subìto una condizione di disagio abitativo, a Trieste, e che quindi hanno avuto bisogno di accoglienza, ammontano a 388; da gennaio a settembre si contano già 283 persone. Nel 65% dei casi sono italiani o comunitari in prevalenza maschi, ma si registra anche un’elevata presenza femminile del 37%.
È un fronte importante, dunque, questo dell’emergenza abitativa di chi versa in condizioni di povertà. Uno dei tanti che vede la Caritas quotidianamente in prima linea; insieme, ad esempio, al servizio mensa, all’emporio della solidarietà, ai centri di ascolto, alla gestione dei migranti della rotta balcanica, alle strutture di accoglienza e a tutti i servizi connessi.
Un sistema complesso che si regge sul lavoro di ben 180 operatori, compresi gli addetti in tirocinio o in affidamento (ex persone detenute cui la Caritas offre un’opportunità occupazionale). Ma non ci sono abbastanza soldi per pagare gli stipendi, come ha ribadito Trevisi accanto al direttore dell’ente diocesano, don Alessandro Amodeo. E a padre Giovanni La Manna, che lunedì subentrerà alla direzione al posto di Amodeo.
«Stiamo ritardando a pagare i dipendenti perché mancano le risorse – precisa monsignor Trevisi – e ormai abbiamo già fatto tutto ciò che si poteva, cioè mutui e fidi bancari, ad esempio. E non possiamo continuare a farlo, fintanto che non arrivano i contribuiti disposti dal ministero per sostenere le nostre attività. Mentre il Comune è puntuale nei pagamenti (all’inaugurazione delle struttura di via Vasari ieri c’era anche l’assessore alle Politiche sociali Massimo Tognolli, ndr), su altri fronti c’è un enorme ritardo. Personalmente – riflette ancora Trevisi – non ritengo moralmente giusto che i lavoratori non vengano pagati nella data prevista. Questo l’ho fatto presente ormai in tutte le sedi, comprese quelle istituzionali per le quali siamo creditori di somme ingenti».
Ma il vescovo ha lanciato anche un ulteriore appello al tessuto istituzionale cittadino, ieri, chiedendo attenzione nei confronti dei migranti della rotta balcanica che dormono al Silos, quindi al freddo. «Ci sono i senza fissa dimora che spesso, per loro scelta, rifiutano un letto nelle strutture. Mentre i ragazzi stranieri che vivono al Silos non hanno proprio posto nel sistema dell’accoglienza, che è saturo. Ora c’è freddo, c’è vento. Servono maggiori trasferimenti per creare posti», ha sollecitato Trevisi.
Un tasto, questo, su cui ha insistito anche don Amodeo. «Aprire altre strutture non ha senso – ha spiegato – Trieste è già una città accogliente che si dà da fare con gli strumenti che ha. Il tema è la redistribuzione dei migranti in altre città».