Morti per esposizione all’amianto a Monfalcone: tre a processo più la Leonardo spa
MONFALCONE Prima udienza in relazione al nuovo procedimento amianto riguardante sette casi di decesso legati all’esposizione lavorativa alla fibra minerale.
Il processo fa riferimento a lavoratori dipendenti dell’allora Asgen Ansaldo, in un caso di ditte appaltatrici operanti nel cantiere navalmeccanico.
Sono tre gli imputati chiamati a rispondere dell’ipotesi di reato di omicidio colposo, ai sensi dell’articolo 589 del Codice penale.
Si tratta di Luciano Cravarolo, milanese residente a Genova, di 88 anni, che aveva ricoperto un ruolo apicale nell’alveo della controllata di Leonardo, Antonio Zappi, 88, originario dell’Aquila, residente a Roma, ex dirigente della società navalmeccanica, Roberto Schivi, 85enne, in qualità di capo servizio del personale del cantiere. I difensori sono rispettivamente gli avvocati Corrado Pagano, del Foro di Genova, Giancarlo Laganà del Foro di Roma, assieme a Guglielmo Giordanengo, del Foro di Torino, quindi Corrado e Matteo Pagano.
L’udienza davanti al giudice monocratico Caterina Caputo, è stata caratterizzata dalle questioni preliminari.
A giudizio si è costituita la società Leonardo Spa di Roma, quale responsabile civile, rappresentata dagli avvocati Romagnino e Gianluca Tognozzi, entrambi del Foro di Roma.
Sono invece due le parti civili costituitesi, gli eredi dei congiunti deceduti, rappresentati rispettivamente dagli avvocati Francesco Donolato del Foro di Gorizia e Lucia Rupolo del Foro di Padova.
Quanto alle altre cinque parti offese, vittime della fibra minerale, è intervenuto il risarcimento dei danni a favore degli eredi da parte di Fincantieri, come riferito dai legali.
Sono questi gli elementi di base del nuovo processo amianto, che a questo punto entrerà nel vivo dell’istruttoria dibattimentale.
Le vittime della fibra minerale sono scomparse tra il 2013 ed il 2016. Le prestazioni professionali, di diversa tipologia, sono collocate negli anni dal 1969 fino al 2001.
Situazioni, mansioni e periodi, quindi, diversificati. Alcuni lavoratori orbitanti professionalmente nella controllata di Leonardo avevano fornito la loro opera specialistica anche all’interno dello stabilimento di Panzano, mentre in un solo caso la professione era stata svolta alle dipendenze di quattro ditte di appalto del cantiere navale, nell’ambito dell’attività di pulizia, di carpenteria e di allestimento dei ponteggi.
Tutte le mansioni professionali avevano comportato un’esposizione “attiva” o “passiva” all’amianto nel corso dell’attività lavorativa, considerando quindi il contatto diretto con la fibra minerale oppure indiretto, inteso in termini di ambienti di lavoro, dove le polveri di asbesto venivano “esalate” a seguito dell’utilizzo dell’amianto.
La Procura, infatti, ha contestato circostanze specifiche e diverse, proprio in relazione alla professione svolta. Attività come l’allestimento di piastre isolanti forate in eternit, per l’isolamento di motori elettrici, od il montaggio di parti elettriche o attività di collaudo, oppure ancora di occupazione legata alla corrente continua ed al montaggio degli avvolgimenti in fibra minerale, come anche funzioni di addetto ai reparti di caldereria e carpenteria, fino a funzioni di avvolgimento e bobinamento, di trasporto di scarti di lavorazione, di sistemazione della merce in arrivo, tra cui lastre di amianto, il montaggio dei motori elettrici, anche con utilizzo di grembiule o guanti in amianto, ma anche l’esposizione “passiva” nel corso di attività di carpenteria o di sponteggiatore a bordo nave.